Educazione
Sul magnifico Pelio il fanciullo ricevette le cure della madre del centauro Chirone, Filira, e di sua moglie, la ninfa Cariclo.[5] Chirone provvide a cambiargli il nome in Achille: prima infatti era chiamato Ligirone, che significava “piangente”. Diventato più grande, Achille cominciò a esercitarsi nella caccia e nell’addestramento dei cavalli come pure nell’arte medica.[6] Mentre imparava a cantare e a suonare la lira, Chirone lo addestrava alle antiche virtù: il disprezzo dei beni di questo mondo, l’orrore della menzogna, la moderazione, la resistenza alle cattive passioni e al dolore. Il centauro lo nutriva con midolla di leone e di cinghiale,[7] per trasmettergli la forza e il coraggio di questi animali e con miele e midollo di cerbiatto per renderlo agile e veloce, ma al tempo stesso dolce e persuasivo. Chirone gli insegnò a suonare perfettamente la forminx, strumento musicale a quattro corde simile alla cetra, mentre la Musa Calliope lo istruì nel canto e nell’arte della pittura. Le doti del giovane eroe si rivelarono già all’età di sei anni quando, grazie ai consigli del suo maestro, uccise il primo cinghiale. Da quel momento il Pelide iniziò a portare continuamente nella grotta di Chirone le prede che cacciava. La sua bionda capigliatura splendeva al sole durante le corse e, quando si dava alla caccia, raggiungeva ed abbatteva i cervi senza l’aiuto dei cani. Le sue doti stupivano persino le divinità Atena e Artemide, sbalordite dalla grazia e dalle capacità di quel fanciullo così piccolo. Durante questo periodo di educazione alla vita guerriera, Achille ebbe come inseparabile compagno Patroclo, il quale, benché fosse più grande di lui, non gli era superiore nella forza né poteva vantare la stessa nobile origine. Contemporaneamente agli insegnamenti di Chirone, Achille apprese dal precettore Fenice l’arte dell’eloquenza e l’utilizzo adeguato delle armi.[8] Secondo la tradizione omerica, il Pelide trascorse la sua giovinezza a Ftia, insieme al padre Peleo e all’anziano Fenice, che molto lo amava e lo considerava come un figlio; il poema ricorda anche l’episodio in cui Fenice offriva del vino al giovane eroe, il quale spesso lo risputava sulla sua tunica, ancora troppo giovane per poterlo gustare.[9] Sin da bambino, gli dei, che da tempo lo ammiravano e conoscevano il destino che l’attendeva, lo avevano avvisato sul suo futuro. Gli fu chiesto se preferisse vivere a lungo, ma senza gloria, o avere una vita breve e famosa per le imprese che avrebbe compiuto: il giovane Achille scelse quest’ultima opzione e il suo destino fu così segnato.
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