Nell’antica Grecia, si definiva erastès (ἐραστής, traducibile come “amante”) l’uomo adulto che aveva una relazione con un adolescente di sesso maschile, che per legge doveva avere più di 12 anni. Tale relazione, pur essendo a sfondo erotico-sessuale, si arricchiva tuttavia di molteplici aspetti relazionali e di contenuti pedagogici. L’erastès infatti insegnava all’eròmenos, ovvero il fanciullo amato, il senso civico, la cultura e l’amore. In cambio, egli si aspettava dall’eròmenos gioia e piacere fisico. In ogni caso, secondo la morale sessuale greca, l’eromenos non doveva concedersi subito all’erastès, ma importante era il corteggiamento attuato dall’erastès nei suoi confronti, come raffigurano vasi e coppe dell’epoca classica. L’erastès inoltre doveva prendersi cura dell’eròmenos, anche con denaro o proteggendolo politicamente. A seguito soprattutto della pubblicazione dell’opera di Kenneth Dover intitolata L’omosessualità nella Grecia antica nel 1978 i due termini di erastès ed eròmenos sono divenute le parole standard per definire i due ruoli della relazione pederastica[1]. Entrambe derivano dal verbo ἐράω erào col significato di amare (da cui discende pure il nome del dio Eros). Secondo l’interpretazione data da Dover sussiste poi una stretta dicotomia tra la figura dell’erastès-ἐραστής (plurale erastai), l’amante più grande visto come partner attivo e dominante[2], col suffisso tes-τής come complemento di agente[3], e la parola della lingua greca antica paiderastês, che significava sì “amante dei ragazzi”, ma di solito indicato con una connotazione negativa[4]: l’erastes dovrebbe quindi rimanerne distinto contenendo in sé una forma assai più idealizzata di tal amore. L’amante, per come la vede Dover, avrebbe inoltre dovuto essere solo poco più che ventenne[5] e quindi la differenza di età tra i due poteva benissimo anche essere del tutto trascurabile[6].
Note
1. La coppia di termini viene utilizzata sia all’interno che all’esterno del campo di studi classici. Per le indagini e le opere di riferimento all’interno dello studio della cultura e della storia antica, si veda ad esempio The World of Athens: An Introduction to Classical Athenian Culture, una pubblicazione della “Joint Association of Classical Teachers” (Cambridge University Press, 1984, 2003), pp. 149–150 online; John Grimes Younger, Sex in the Ancient World from A to Z pp. 91–92 online. Per gli studi esterni a quello più specificamente classico, vedi ad esempio Michael Burger, The Shaping of Western Civilization: From Antiquity to the Enlightenment (University of Toronto Press, 2008), pp. 50–51 online; Richard C. Friedman and Jennifer I. Downey, Sexual Orientation and Psychoanalysis: Sexual Science and Clinical Practice (Columbia University Press, 2002), pp. 168–169 online; Michael R. Kauth, True Nature: A Theory of Sexual Attraction (Springer, 2000), p. 87 online; Roberto Haran, Lacan’s Four Fundamental Concepts of Psychoanalysis (2004), p. 165ff. online.
2. Kenneth Dover, Greek Homosexuality (Harvard University Press, 1978, 1989), p. 16.
3. Herbert Weir Smyth, “Formation of Substantives,” sezioni 838–839, Greek Grammar (Harvard University Press, 1920, 1984), pp. 229–230. L’inserimento del sigma tra verbo e suffisso è eufonico (§836).
4. Liddell and Scott, Greek-English Lexicon, p. 1286.
5. William Armstrong Percy III, Pederasty and Pedagogy in Archaic Greece (University of Illinois Press, 1996), p. 1 online.
6. Martha Nussbaum, “Platonic Love and Colorado Law: The Relevance of Ancient Greek Norms to Modern Sexual Controversies,” Sex and Social Justice (Oxford University Press, 1999), p. 309: “poiché il pensiero popolare/di massa dei nostri giorni tende a mettere a fuoco l’immagine spaventosa di un ‘vecchio sporcaccione’ che si muove liberamente al di fuori della scuola in attesa di molestare i ragazzini, è importante ricordare che l’erastes potrebbe non essere molto lontano in età dall’eromenos”.
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