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Iliade

L’Iliade è un poema epico tradizionalmente attribuito ad Omero, composto da ventiquattro libri o canti, ognuno dei quali è indicato con una lettera dell’alfabeto greco maiuscolo per un totale di 15.688 versi in esametri dattilici. Il titolo deriva da Īlĭŏn, l’altro nome dell’antica Troia, cittadina dell’Ellesponto (e da non confondere con Ilion nell’Epiro). Opera ciclopica e complessa, è un caposaldo della letteratura greca e occidentale. Narra le vicende di un breve periodo della storia della guerra di Troia, accadute nei cinquantuno giorni dell’ultimo anno di guerra, di cui l’ira di Achille è l’argomento portante del poema.

Datazione
L’opera, tradizionalmente datata al 750 a.C. circa, venne composta probabilmente nella regione della Ionia Asiatica. La sua composizione seguì un percorso di formazione, attraverso i secoli e i vari cambiamenti politici e socio-culturali, che comprese principalmente tre fasi:
fase orale, nella quale vari racconti mitici o concernenti racconti eroici iniziarono a circolare in simposi e feste pubbliche durante il Medioevo ellenico (1200- 800 a.C.), rielaborando racconti riguardanti il periodo miceneo;
fase aurale nella quale i poemi iniziarono ad assumere organicità grazie all’opera di cantori e rapsodi, senza però conoscere una stesura scritta (età arcaica e classica);
fase scritta, dopo la morte di Alessandro Magno – la quale convenzionalmente designa l’inizio dell’età ellenistica, in cui l’opera ottenne una forma scritta e divenne anche testo scolastico, sottoposto a critica.

Secondo uno studio effettuato di concerto tra i biologi dell’Università di Reading in Inghilterra, i genetisti dell’Università del New Jersey e i linguisti dell’Università di Santa Fe nel Nuovo Messico, l’Iliade sarebbe stata scritta nel 762 a.C. con un margine di errore di 50 anni, all’incirca durante il periodo di fondazione di Roma. È stato possibile studiare l’evoluzione genetica della parola dall’ittita fino al greco omerico attraverso l’utilizzo di uno strumento linguistico, detto Lista di Swadesh. Si tratterebbe di un approccio di tipo quantitativo, piuttosto che storico, che collegherebbe in maniera sorprendente l’evoluzione delle parole al campo della genetica e della biologia.

Le diverse edizioni
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Traduzioni dell’Iliade. Si sa che il poema era già noto nel VI secolo a.C.; la prima testimonianza sicura è di Pisistrato di Atene (561-527 a.C.). Dice infatti Cicerone nel suo De Oratore: “primus Homeri libros confusos antea sic disposuisse dicitur, ut nunc habemus” (“Si dice che Pisistrato per primo avesse ordinato i libri di Omero”). Il primo punto fermo è quindi che nella Grande Biblioteca di Atene di Pisistrato erano contenuti i libri di Omero, ordinati. L’oralità non consentì di stabilire delle edizioni canoniche. L’Iliade pisistratea non fu un caso unico: sul modello di Atene ogni città (di sicuro Creta, Cipro, Argo e Massalia, oggi Marsiglia) probabilmente aveva un’edizione “locale”, detta kata poleis. Le varie edizioni kata poleis non erano probabilmente molto discordanti tra di loro. Si hanno notizie riguardo edizioni precedenti all’ellenismo, dette polustikoiae, “con molti versi”; avevano sezioni rapsodiche in più rispetto alla versione pisistratea; varie fonti ne parlano ma non se ne conosce l’origine. L’Iliade e l’Odissea erano la base dell’insegnamento elementare: i piccoli greci si avvicinavano alla lettura attraverso i poemi di Omero; molto probabilmente i maestri semplificarono i poemi affinché fossero di più facile comprensione per i bambini. Si conosce anche l’esistenza di edizioni kata andra: personaggi illustri si facevano fare edizioni proprie. Un esempio molto famoso è quello di Aristotele, che si fece creare un’edizione dell’Iliade e dell’Odissea (versioni prealessandrine). Si è arrivati, in seguito, a una sorta di testo base attico, una vulgata attica. Teagene di Reggio, VI secolo a.C., fu il primo critico e divulgatore dell’Iliade, che fra l’altro pubblicò. Gli antichi grammatici alessandrini tra il III e il II secolo a.C. concentrarono il loro lavoro di filologia del testo su Omero, sia perché il materiale era ancora molto confuso, sia perché era universalmente riconosciuto padre della letteratura greca. Molto importante fu un’emendatio (diorthwsis) volta ad eliminare le varie interpolazioni e a ripulire il poema dai vari versi formulari suppletivi, formule varianti che entravano anche tutte insieme. Si arrivò dunque ad un testo definitivo. Un contributo fondamentale fu quello di tre grandi filologi, vissuti tra la metà del terzo secolo e la metà del secondo: Zenodoto di Efeso, che elaborò la numerazione alfabetica dei libri ed operò una ionizzazione (sostituì gli eolismi con termici ionici), Aristofane di Bisanzio, di cui non ci resta nulla, ma che sappiamo fu un gran commentatore, inserì il prosodio (l’alternarsi di sillabe lunghe e brevi), i segni critici (come la crux, l’obelos) e gli spiriti; Aristarco di Samotracia, che operò una forte ed oggi considerata sconveniente atticizzazione – convinto che Omero fosse di Atene – e si occupò di scegliere una lezione per ogni vocabolo “dubbio”, curandosi però di mettere un obelos con le altre lezioni scartate. Non è ancora chiaro se si basò sull’istinto o comparò vari testi. Il testo dell’Iliade giunto all’età contemporanea è piuttosto diverso da quello con le lezioni di Aristarco. Su 874 punti in cui egli scelse una particolare lezione, solo 84 tornano nei nostri testi; la vulgata alexandrina è quindi uguale alla nostra solo per il 10%. Questo dimostra che il testo della vulgata alessandrina non era definitivo: è possibile che nella stessa biblioteca di Alessandria d’Egitto, dove gli studiosi erano famosi per i loro litigi, ci fossero più versioni dell’Iliade. Un’invenzione molto importante della biblioteca di Alessandria furono gli scolia, ricchi repertori di osservazioni al testo, note, lezioni, commenti. Dunque i primi studi sul testo furono effettuati tra il III e il II secolo a.C. dagli studiosi alessandrini; poi tra il I secolo e il II secolo d. C. quattro scoliasti redassero gli scolia dell’Iliade, poi compendiati da uno scoliasta successivo nell’opera “Commento dei 4”. L’Iliade di Omero tuttavia non riuscì a influenzare tutte le zone dove era diffusa: anche in età ellenistica giravano più versioni, probabilmente derivanti dalla vulgata ateniese di Pisistrato del V secolo, che proveniva da varie tradizioni orali e rapsodiche. Intorno alla metà del II secolo, dopo il lavoro di Alessandria, giravano il testo alessandrino e residui di altre versioni. Di certo gli Ellenisti stabilirono il numero e la suddivisione dei versi. Dal 150 a.C. sparirono le altre versioni testuali e si impose un unico testo dell’Iliade; tutti i papiri ritrovati da quella data in poi corrispondono ai nostri manoscritti medievali: la vulgata medievale è la sintesi di tutto. Nel medioevo occidentale non era diffusa la conoscenza del greco, nemmeno tra personaggi come Dante o Petrarca; uno dei pochi che lo conosceva era Boccaccio, che lo imparò a Napoli da Leonzio Pilato. L’Iliade era conosciuta in occidente grazie alla Ilias tradotta in latino di età neroniana. Prima del lavoro dei grammatici Alessandrini, il materiale di Omero era molto fluido, ma anche dopo di esso altri fattori continuarono a modificare l’Iliade, e per arrivare alla koinè omerica bisognerà aspettare il 150 a.C. L’Iliade fu molto più copiata e studiata dell’Odissea. Nel 1170 Eustazio di Salonicco contribuì alla sua diffusione in modo significativo. Nel 1453 Costantinopoli fu presa dai turchi; un grandissimo numero di profughi migrarono da oriente verso occidente, portando con sé una gran mole di manoscritti. Questo accadde fortunatamente in concomitanza con lo sviluppo dell’Umanesimo, tra i punti principali del quale c’era lo studio dei testi antichi. Nel 1920 si ammise che era impossibile fare uno stemma codicum per Omero perché, già in quel periodo, escludendo i frammenti papiracei, c’erano ben 188 manoscritti, e anche perché non si riesce a risalire ad un archetipo di Omero. Spesso i nostri archetipi risalgono al IX secolo, quando, a Costantinopoli, il patriarca Fozio si preoccupò che tutti i testi scritti in alfabeto greco maiuscolo fossero traslitterati in minuscolo; quelli che non furono traslitterati, andarono perduti. Per Omero tuttavia non esiste un solo archetipo: le translitterazioni avvennero in più luoghi contemporaneamente. Il più antico manoscritto capostipite completo dell’Iliade è il Marcianus 454 A, presente a Venezia; risalente al X secolo, fu ricevuto dal cardinal Bessarione dall’oriente, da Giovanni Aurispa. I primi manoscritti dell’Odissea sono invece dell’XI secolo. L’editio princeps dell’Iliade è stata stampata nel 1488 a Firenze da Demetrio Calcondila. Le prime edizioni veneziane, dette aldine dallo stampatore Aldo Manuzio, furono ristampate ben 3 volte, nel 1504, 1517, 1512, indice questo senza dubbio del gran successo sul pubblico dei poemi omerici.

Analisi
L’eroicità è riconosciuta come accento fondamentale del poema, e per Omero “eroico” è tutto ciò che va oltre la norma, nel bene e nel male e per qualunque aspetto. Queste grandezze non sono guardate con occhio stupito, perché il poeta è inserito nel mondo che descrive, e l’eroico è dunque sentito come normalità. L’intera guerra è descritta come un seguito di duelli individuali, raccontati spesso secondo fasi ricorrenti[2]. L’opera non tratta, come si presumerebbe dal titolo, dell’intera guerra di Ilio (Troia), ma di un singolo episodio di questa guerra, l’ira di Achille, che si svolge in un periodo di 51 giorni. Aristotele lodò Omero nella Poetica, per aver saputo scegliere, nel ricco materiale mitico-storico della guerra di Troia, un episodio particolare, rendendolo centro vitale del poema, e affermò, inoltre, che la poesia non è storia, ma una fecondissima verità teoretica e di fatto. L’ ira è un motivo centrale nel poema. L’ira di Achille è determinata dalla sottrazione della schiava Briseide. L’ira gli fa riconquistare l’onore perduto; la parte del bottino razziato in battaglia veniva infatti assegnata al guerriero in proporzione al suo valore e al suo ruolo di combattente. Al tema dell’ira è legato quello della gloria che l’eroe conquista combattendo con valore e che gli permette di perpetuare la propria immagine alle generazioni future. Gli dei sono antropomorfi, cioè hanno sembianze fisiche e sentimenti umani: si amano e si odiano, tramano inganni; mostrano desiderio, vanità, invidia. Al di sopra di loro sta il Fato ineluttabile (in greco. móira), cioè il Destino. Gli dei intervengono direttamente nelle vicende umane. Altri motivi presenti sono: il senso del dovere, la vergogna del giudizio negativo e la necessità di proteggere i propri cari.

Personaggi principali
Eroi e altri mortali
Achille (patronimico Pelide): Figlio della Dea Teti (una ninfa marina) e di Peleo (re di Ftia), il più forte e valoroso guerriero acheo;
Agamennone (patronimico Atride): Re di Argo e di Micene, fratello di Menelao, figlio di Atreo e marito di Clitemnestra (che in seguito lo ucciderà per aver accettato di sacrificare la figlia). Egli è il comandante dell’esercito acheo;
Aiace Oileo: Re della Locride, figlio di Oileo, uno dei capi achei più efferati;
Aiace Telamonio: Eroe greco, figlio di Telamone, principe di Salamina;
Andromaca (patronimico Eezionide): Moglie di Ettore, figlia di Eezione e madre del piccolo Scamandro (fiume di Troia), detto dal popolo Astianatte (difensore della città, per via del padre);
Asteropeo: Giovane condottiero peone, alleato dei Troiani; riesce a ferire Achille prima di venire da lui ucciso;
Calcante: Indovino greco;
Cassandra: Profetessa, figlia di Priamo;
Deifobo: Principe troiano figlio di Priamo e fratello prediletto di Ettore;
Diomede: (patronimico Tidide): Eroe greco, principe degli etoli;
Dolone: Araldo troiano, traditore dei suoi compagni; viene catturato da Diomede, che lo decapiterà;
Ecuba: Seconda moglie di Priamo, madre della maggior parte dei figli del re;
Elena: Moglie di Menelao, sorella di Castore e Polluce, figlia di Zeus e Leda, che sotto l’incantesimo di Afrodite viene sedotta da Paride, abbandona il marito e parte per Troia. La sua bellezza è la causa della guerra;
Eleno: Figlio di Priamo, indovino e fratello gemello di Cassandra;
Enea: Valoroso eroe troiano, figlio di Anchise ed Afrodite;
Ettore (patronimico Priamide): Capo assoluto dell’esercito troiano, figlio di Priamo, fratello di Paride e marito di Andromaca; viene ucciso da Achille;
Glauco: Capo licio, cugino di Sarpedonte;
Macaone: Medico greco, guarisce e salva Menelao;
Menelao (patronimico Atride): Re di Sparta e marito di Elena, fratello di Agamennone;
Mirmidoni: Popolo di guerrieri agli ordini di Achille;
Nestore: Anziano eroe greco, re di Pilo;
Pandaro: Arciere alleato dei troiani, ferisce a tradimento Menelao e cade per mano di Diomede;
Paride (patronimico Priamide): Principe troiano figlio di Priamo, fratello di Ettore, provocatore della guerra e uccisore di Achille;
Patroclo: Figlio di Menezio (re di Opunte). Discepolo, compagno di Achille ed eroe greco; viene ucciso da Ettore;
Priamo: Re di Troia;
Reso: Giovane signore di Tracia, alleato dei troiani; viene ucciso nel sonno da Diomede;
Sarpedonte: Figlio di Zeus e re dei Lici, alleato dei troiani; viene ucciso da Patroclo;
Ulisse o Odisseo: Re di Itaca (patronimico Laertiade o Laerziade), ideatore dell’inganno col quale i Greci in seguito distruggeranno Troia

Divinità
Nel poema, alcune divinità aiutano i Troiani e altre gli Achei. Gli dei a favore dei Troiani sono Eris, Afrodite, Apollo, Ares, Artemide, Dione, Latona, Scamandro (dio dell’omonimo fiume). Gli dei a favore degli Achei sono Atena, Poseidone, Era, Efesto, Ermes, Teti. Restano invece neutrali Zeus, Peone, Iride, Ebe e le Moire. Inoltre compare Ipno (dio del sonno), che addormenterà temporaneamente Zeus su richiesta di Era.

Struttura
L’Iliade è articolata in 24 libri che raccontano 51 giorni dell’ultimo anno della guerra di Troia. Il nucleo conduttore della storia è l’ira d’Achille, valoroso guerriero acheo. Attorno alla sua ira si snodano le varie aristie, ovvero le narrazioni di gesta d’altri eroi. Parallelamente a queste si svolgono anche le teomachie (battaglie di dei). In questo caso l’autore è Omero – in greco Ὅμηρος, Hómēros – autore di due fondamenti della letteratura occidentale, l’Iliade e l’Odissea. Si ritiene sia vissuto nell’VIII secolo a.C. Sia l’Iliade che l’Odissea, viaggio di Ulisse fino a casa, erano parte di una raccolta chiamata Storie di Troia. I poemi del ciclo troiano erano otto ed oltre ad Odissea e Iliade comprendevano anche: Cypria, L’Etiopide, La Piccola Iliade, La caduta di Troia, I Ritorni, Telegonia, in gran parte andati perduti. Si conoscono i loro nomi e parte dei contenuti grazie a Proco, poeta greco vissuto nel V secolo, che li riassunse in un manoscritto. Nell’Iliade, oltre agli dèi e agli uomini, si trova una sottocasta di semidei antropomorfi. Tra questi vi è anche Achille. Nei testi epici tali personaggi si possono riconoscere dal fatto che hanno un genitore divino e uno umano. Le ambientazioni della storia sono meno realistiche rispetto all’Odissea. Le città sono descritte in maniera insufficiente, a differenza delle navi achee, descritte con molta più concentrazione ed impegno da parte dell’autore. Lo stile narrativo della storia è maestoso.

Sinossi
Paride, principe troiano, rapisce Elena, moglie del re spartano Menelao. Per questa ragione si mobilita tutta la Grecia Achea per vendicare l’offesa. Dopo nove anni di assedio, Agamennone, capo dell’armata achea e fratello di Menelao, si rifiuta di restituire a Crise, sacerdote di Apollo, la figlia Criseide, che egli ottenne come preda di guerra. Perciò il dio infligge una pestilenza al campo dei Greci, costringendo Agamennone a restituire Criseide. Per compensarsi della perdita, egli sottrae ad Achille la sua schiava Briseide. Il Pelide, sdegnato, ritenendo d’avere ricevuto un affronto, decide di non combattere più a fianco degli Achei, che senza di lui subiscono gravi perdite. Patroclo, compagno di Achille, decide di scendere in campo con le sue armi fingendosi Achille, ma viene ucciso da Ettore, principe ereditario troiano e comandante in capo dell’esercito, che solo dopo averlo sconfitto lo riconosce. Achille, riarmato da Efesto, torna a combattere per vendicare la morte del compagno; trova lo scontro con Ettore che uccide in duello, infierendo sul suo corpo e confiscando il cadavere. Priamo, re dei troiani, giunge nel campo dei Greci a chiedere la restituzione di Ettore; Achille fa dunque una pace personale con Priamo, permettendogli di riscattare la salma del figlio. Il destino della città di Troia privo del suo eroe più forte sarà comunque senza speranza.

La trama del poema in sintesi
Prologo dello scoppio della guerra secondo il mito
Giunti gli eserciti della Grecia a Troia, la sorte per i nemici della Grecia è segnata, perché gli abitanti divini dell’Olimpo, divisisi in tre parti, di cui una parteggia per il popolo avversario, aiutano i guerrieri con i loro prodigi.

Ira di Achille (canti I-VIII)
Canto I: Inizialmente i greci hanno la meglio sui troiani, però la guerra si dilunga per nove anni. Il re Agamennone litiga con il Pelide Achille per il possesso di una schiava di nome Briseide e così l’eroe, offeso, decide di non combattere più e si allontana dal campo.
Canto II: Tersite, guerriero acheo, brutto e storpio, non perde mai l’occasione per sbeffeggiare tutti e ridicolizzare i loro vizi e falsi onori, attribuendoli a dei mostri anziché a dei valorosi soldati pieni di virtù. Le sue invettive non verranno ascoltate, anzi verrà punito dal guerriero Odisseo (Ulisse per i romani). Ma, sebbene Agamennone pensi di poter vincere lo stesso, anche senza l’intervento di Achille, scoprirà di sbagliare. Nella notte dopo lo scontro con Achille, il re decide di ritornare in Grecia con i guerrieri, ma Odisseo lo impedisce, ricordando il valore degli eroi e le previsioni dello stregone Calcante.
Canto III: Infatti gli scontri vengono aboliti da Agamennone e da Ettore in quanto Paride decide di sfidare a duello Menelao (lo sposo tradito), cosicché si possa decidere la vittoria per il sopravvissuto.
Canto IV: Dopo il primo duello tra il pusillanime Paride e il forte e corpulento Menelao (terminato senza la vittoria di nessuno, giacché Paride, trovandosi in difficoltà, scappa via, salvato da Afrodite), l’esercito greco si trova a fronteggiare la possente armata di Ettore, principe di Troia, e ad arretrare paurosamente verso le navi in spiaggia.
Nel frattempo scendono in campo anche gli Dei, divisi gli uni per i greci e gli altri per i troiani.
Canto V: Diomede viene protetto da Atena, e fa strage di troiani, poi insegue l’eroe Enea che viene protetto da Afrodite. La dea è ferita e così fugge sull’Olimpo. Arena ed Era intervengono nella battaglia e Diomede ferisce Ares, dio della guerra.
Canto VI: Ettore rientra vincente a Troia e trova la moglie Andromaca alle Porte Scee con il bambino Astianatte. La donna invita Ettore a non combattere più e a rimanere accanto a lei, per dare futuro alla famiglia. Ettore risponde che è più vergognoso rimanere a pensare alla famiglia, venendo ricordato come codardo, che morire combattendo.
Canto VII: Ettore decide di proporre un secondo duello per stabilire la definitiva vittoria: lui contro Aiace Telamonio. I due però si fermano quando giunge la notte.

I greci allora scavano una fossa per difendere le navi.
Canto VIII: Ettore attacca all’alba e i greci sono respinti fino alle navi. Figura la morte di Sarpedonte, mentre gli dei danno forza agli achei dietro le mura scavate.

Ambasciata ad Achille (canto IX)
La Grecia avrebbe bisogno che Achille tornasse a combattere facendo riacquistare il buon umore ai soldati demoralizzati, ma l’eroe di Ftia ha deciso, e nemmeno l’amico e cugino Patroclo può fargli cambiare idea.

Dolonía: imprese di Odisseo e Diomede (canto X)
Intanto l’esercito greco continua a subire perdite sempre più pesanti e accade anche che l’esercito di Ettore arriva a sfiorare le navi nemiche, cercando di bruciarle. Ulisse e Diomede sono mandati da Agamennone in ricognizione, e catturano Dolone, un troiano. I due greci uccidono anche il re di Tracia Reso, venuto a soccorrere i troiani.

Ripresa della guerra e morte di Patroclo (canti XI-XVII)
Canto XI: Nella terza grande battaglia, il vecchio acheo Nestore manda in ricognizione Patroclo, e lo convince a persuadere Achille a riprendere le armi, oppure a imbracciarle lui stesso per dare coraggio ai greci.
Canto XII: Ettore distrugge le mura delle navi greche , e cerca di bruciarle.
Canti XIII-XIV-XV: Zeus non permette che gli dei intervengano in guerra, e così sua moglie Era, che favorisce i greci, prende la cintura magica di Afrodite per sedurre Zeus e poi addormentarlo con un sonnifero. Zeus viene ingannato e quando si risveglia vede i greci vittoriosi. Si arrabbia con la moglie e le rinfaccia la storia della battaglia dei giganti sull’Olimpo, capitanati da Era, per spodestarlo e il giorno in cui si liberò e punì severamente la regina degli dei.
Canto XVI: In un ennesimo scontro, dopo tanti duelli falliti per ristabilire la pace, il valoroso Patroclo, imbracciate le armi di Achille per far riacquistare vigore alle truppe, muore in duello per mano di Ettore. Il principe di Troia inizialmente trionfa, ma dentro di sé sa bene che presto finirà i suoi giorni di vita colpito dalla mano che non perdona di Achille.
Canto XVII: Menelao e Aiace combattono per salvare il corpo di Patroclo.

Furia di Achille e morte di Ettore (canti XVIII-XXII)
Canto XVIII: Antiloco, figlio di Nestore, annuncia ad Achille la morte di Patroclo suo amico e il Pelide impazzisce per poi dichiarare alla madre Teti di volere nuove armi per saccheggiare Troia. La donna si reca nella fucina di Efesto, dio zoppo, che crea uno scudo stupefacente assieme a nuove armi.
Canto XIX: Achille si riappacifica con Agamennone e dichiara in assemblea che tornerà a combattere. Si fa preparare il carro con i prodigiosi cavalli Balio e Xanto. Quest’ultimo che parla gli predice la morte.
Canto XX: Sull’Olimpo Zeus dichiara la sua neutralità e fornisce agli Dei le indicazioni per combattere. Col suo carro guidato da Automedonte che tiene le redini dei cavalli divini Balio e Xanto, Achille uccide tutto ciò che incontra e fa infuriare sia gli dei dell’Olimpo che il magico fiume Scamandro. Ma il figlio di Peleo non si ferma, perché cerca Ettore
Canto XXI: I troiani fuggono mentre Achille è tratto in inganno da Atena che lo conduce verso il bosco, affinché i troiani possano salvarsi. Achille furiosamente torna sotto le mura e trova Ettore, sollecitato dai genitori a scappare in città.
Canto XX: Ettore, comprendendo il pericolo per i soldati della sua città, decide di sacrificarsi scendendo in campo e sfidando l’eroe a duello. Achille non perde l’occasione e insegue Ettore il quale, come si è detto, ha già il destino segnato. Infatti, trafitto e stramazzato a terra, il suo corpo viene legato per i piedi con una corda legata al retro del carro di Achille e trascinato in campo acheo.

Dialogo con Priamo e fine dell’ira di Achille (canti XXIII-XXIV)
Canto XXIII: Achille mutila il corpo di Ettore e uccide dei prigionieri troiani sulla pira di Patroclo, che poi viene bruciata. Seguono dodici giorni di lutto in cui i greci gareggiano ai giochi funebri.
Canto XXIV: Il vecchio re Priamo si reca nella tenda di Achille e, baciandogli le mani, lo supplica di lasciargli ricondurre in città il cadavere straziato di suo figlio per dargli i degni onori. Achille rifiuta ma Priamo gli ricorda il buon carattere e la virtù famosa del padre Peleo, dopodiché Achille scoppia in singhiozzi e, confortando il suo ospite, gli concede di riprendersi suo figlio Ettore. L’Iliade si conclude con i funerali per il grande Ettore.

Il proemio
In molti libri scolastici di epica viene riportato il proemio iniziale nella versione di Vincenzo Monti, nonostante negli ultimi anni siano apparse traduzioni più fedeli al testo originale:
«Cantami, o diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto consiglio s’adempia), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de’ prodi Atride e il divo Achille.»

Una traduzione più letterale sarebbe:
«Cantami, o dea, l’ira d’Achille Pelide,
rovinosa, che infiniti dolori inflisse agli Achei,
gettó in preda all’Ade molte vite gagliarde
d’eroi, ne fece bottino dei cani,
di tutti gli uccelli -consiglio di Zeus si compiva-
da quando si divisero contendendo
l’Atride signore d’eroi e Achille glorioso.»

Altri poemi nell’antichità incentrati sulla guerra di Troia
Oltre all’Iliade di Omero esistono altri poemi epici che trattano la guerra fra achei e troiani. Tra questi vi sono:
Arctino di Mileto, creatore de La caduta di Ilio, poema epico che racconta le ultime fasi della guerra di Troia, dell’escamotage del cavallo di legno e del massacro degli abitanti e dei sovrani della città. Tutto ciò non è descritto nell’ Iliade
Ditti Cretese, il quale nella sua introduzione delle Efemeridi della guerra di Troia spiega di essere stato un contemporaneo di Idomeneo, guerriero dell’isola di Creta che andò a combattere a Troia. Egli si definisce dunque un personaggio di una reale e veramente accaduta battaglia tra Greci e Troiani, inclusi tutti i personaggi che vengono narrati da Omero. Inoltre quest’ultimo è descritto da Ditti come un impostore, che si è limitato a narrare solo l’ultimo dei dieci anni di guerra, mentre egli che ha combattuto al fianco di Achille, Agamennone, Ulisse e tanti altri si auto celebra un fedele cronista degli avvenimenti.
Darete Frigio, autore de L’eccidio di Troia, tradotto poi in lingua latina dallo storiografo Cornelio Nepote. L’opera come sempre tratta dei fatti più esemplari della guerra di Troia ed infine del grande massacro dei greci. In particolar modo questa versione è diversa dalle altre perché Darete spiega che l’esercito di Agamennone è riuscito ad entrare nella roccaforte grazie alla corruzione di una guardia, che ha fatto passare tutti attraverso una delle Porte Scee, chiama “Porta Cavallo”. Qui inoltre Darete parla della vicenda del giovane Enea e della predizione della fondazione di una nuova Troia in Italia: Roma.
Posthomerica di Quinto Smirneo, che tratta delle vicende della guerra di Troia subito dopo la morte di Ettore fino al sacrificio di Polissena e al ritorno definitivo dei Greci in patria dopo la caduta della famosa città.
Iliaca di Marco Anneo Lucano, poema incompiuto che tratta delle ultime fasi della guerra di Troia dall’invenzione del cavallo di legno alla presa della città. Composto forse in collaborazione con il giovane Nerone che diventerà imperatore di Roma.

Note
1.^ Stesura scritta promossa da Pisistrato
2.^ Letteratura greca, Mondadori, 1989, vol. I, p.104.

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Written by Vicky Ledia

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Metodo Bates

Proemio dell’Iliade