Per impedire la sua morte, viene trasportato su di una barca trainata da cigni bianchi, come quelli sacri all’Apollo iperboreo, nell’isola di Avalon. Si tratta dell’isola bianca, a volte considerata di vetro oppure rotante, come simbolo del centro supremo che ruotando crea gli elementi terra, aria, fuoco, aria, attraverso i Tre Mondi. Il senso del “vetro” si nota nell’ etimo di uno dei più famosi luoghi legati al Graal: Glastonbury (sepolcro della pietra di vetro = glass-stone-bury). Oltre le nebbie di Avalon, le Dame o fate, fra cui Morgana, si occupano di curare il Re con la loro magia, tuttavia ogni anno la sua ferita si riapre, e dunque Artù non può ancora tornare nel nostro mondo fisico, dove i sudditi ancora lo attendono invano. L’assenza del sovrano rende la terra desolata, l’albero della vita e della conoscenza è ancora secco e non rinverdisce, mentre Excalibur è ripresa dal misterioso braccio della Dama del lago, o in altra versione giace spezzata in attesa che il ritorno de Re la “risaldi”. La leggenda della sacra lancia, invece, dice che essa ferisce chi voglia conoscere troppo da vicino il mistero del Graal e della misteriosa “acqua di vita” che contiene, ma la stessa ferita è risanata dal sangue che ne esce quando si sia riusciti ad estrarre l’arma dalla piaga; ovvero a non sentire più il “dolore” o la croce della propria individualità. Il gesto riecheggia l’estrazione della spada dalla roccia La sede del Graal, l’inviolabile “Palazzo chiuso del Re” a cui abbiamo accennato parlando di un castello nel ciclo arturiano, non è raggiungibile né per mare né per terra, ma solo in spirito, sulla famosa barca dei cigni e delle fate.