Michele Zagaria il boss di Casapesenna aveva creato una rete illegale di citofoni per parlare con i gregari
Così il boss dei casalesi, arrestato nel dicembre del 2011 dopo ben 15 anni di latitanza, riusciva a non essere intercettato e a dare ordini ai suoi affiliati.
Aveva fatto realizzare a Casapesenna, il suo paese, una rete illegale di citofoni, attraverso i quali parlava con i suoi affiliati: così il boss dei casalesi Michele Zagaria, arrestato nel dicembre del 2011 dopo ben 15 anni di latitanza, riusciva a non essere intercettato. La rete, costituita da cavi in gran parte interrati sotto il manto stradale, viene sequestrata in queste ore dagli agenti della squadra mobile di Caserta, diretta da Alessandro Tocco, e di Napoli, guidata da Fausto Lamparelli, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai sostituti Catello Maresca, Maurizio Giordano e Cesare Sirignano.
Una rete lunga centinaia di metri
La rete di citofoni si snoda lungo centinaia di metri ed è stata realizzata da tecnici molto abili. Nel tentativo di stanare il boss, per anni gli investigatori hanno fatto ricorso ad intercettazioni telefoniche e ambientali: sempre però senza risultato. La svolta nelle indagini è avvenuta nel dicembre del 2011, quando, intercettando una telefonata della figlia di Vincenzo Inquieto, l’uomo che ospitava Zagaria in un bunker costruito sotto la sua casa, gli investigatori sentirono una strana frase: «Sta citofonando zio Michele». Si comprese dunque che il latitante comunicava con la famiglia Inquieto grazie ad un citofono. Di lì a poco la scoperta del bunker, il cui soffitto scorreva su binari, e la cattura di Zagaria.
Amplificatore di segnale
Approfondendo le indagini gli inquirenti hanno compreso poi che quel citofono non era il solo: numerosi ne erano stati impiantati in vari edifici di Casapesenna, per consentire al capoclan di parlare con i suoi uomini senza alcun rischio. Per consentire una ricezione perfetta della voce, l’impianto era dotato di amplificatori di segnale.
Segnalava gli accessi abusivi
Dalle indagini è emerso che l’impianto era dotato di rilevatori di tensione capaci di segnalare eventuali cali dovuti ad accessi abusivi e di un alimentatore autonomo in grado di assicurarne il funzionamento anche in caso di distacchi di energia. sono in corso accertamenti per verificare se il sistema era allacciato alla rete della pubblica illuminazione.
Perquisizioni
La polizia sta anche perquisendo le abitazioni di numerosi parenti e fiancheggiatori del boss Zagaria. Una sorella di quest’ultimo, Elvira, è stata arrestata pochi giorni fa nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti dell’ospedale di Caserta.