Di stupri “made in Cagliari” ce n’è una lunga storia, a cominciare dallo scandalo insabbiato dei cosiddetti “spider boys”, che negli anni ’60, davanti alla Bussola, stuprarono e seviziarono in gruppo una povera minorata sotto i fari delle belle automobili posizionate in cerchio con le radio sparate al massimo. Quegli ex figli di papà allora così potenti da mettere a tacere l’Unione (due di loro erano figli di uno degli allora maggiori azionisti) e acquistarono tutte le copie di Sassari Sera (l’unico gionale che diede la notizia) pur di mettere a tacere il tutto, sono oggi ancora più potenti. Tanto che la piece teatrale uscita qualche tempo fa e dedicata all’argomento, dovette forzatamente tacere sui nomi, ancora oggi tabù dei tabù. Gli unici nomi certi son quelli di due fratelli, uno dei quali dovette scappare a Londra per sfuggire all’arresto e da lì, con l’aiuto della massoneria cagliaritana ed inglese, una volta prescritto il reato e laureatosi a calci e a pugni in Medicina, tornò in pompa magna a Cagliari con una immeritata fama di grande chirurgo cardiovascolare, potente al punto di piegare l’ASL locale ad ogni suo volere. Piaccia o non piaccia, con questi precedenti di assoluta impunità penso che chiunque possa affermare che a Cagliari lo stupro (meglio se di gruppo) paga.
Al Teatro
Noir al cinema, noir in letteratura. Ma a teatro? È un genere possibile? Ragioniamo sull’argomento con Vito Biolchini, Elio Turno Arthemalle e Antonia Anania, giornalista il primo e regista-attore il secondo, che dal 1995 scrivono in coppia testi teatrali. All’ulteriore sodalizio con Massimo Carlotto, scrittore di noir e dintorni, uno dei primi esperimenti italiani di teatro nero, che non passa per la letteratura ma parte direttamente da un fatto di cronaca cagliaritana di quarant’anni fa. Lo spettacolo mette in scena le prove di uno spettacolo di narrazione -il caso di cronaca appunto- a due personaggi: l’attore che racconta in prima persona alla maniera di Marco Paolini e il tecnico che rappresenta il popolo curioso e attento ai pettegolezzi, ad esempio al fatto che una ragazza sia stata stuprata con una melanzana, più che allo stupro in sé. La locandina dello spettacolo fa il verso, sicuramente voluto, alle copertine dei Gialli Mondadori: in primo piano una spider su campo giallo e al di sotto il titolo, Il caso Spider Boys.
Qual è il fattaccio compiuto dagli Spider Boys?
Biolchini: Il caso Spider Boys prende spunto da un fatto di cronaca del 1963, quando un gruppo di sedici giovani della Cagliari bene sequestrò e stuprò in spiaggia una ragazza. La ragazza li denunciò e si arrivò a un processo che si risolse con l’accusa e la condanna a cinque anni di galera di uno solo di questi, un capro espiatorio che venne pagato dalle famiglie. Anche la ragazza fu pagata e lasciò la Sardegna. Questa è la verità dei fatti che però non coincide con la verità processuale. Noi volevamo raccontarle entrambe…
Arthemalle: …lavare i panni sporchi della città e far notare che dopo quarant’anni vige ancora la regola non scritta che certi fatti e persone non si devono menzionare.
Ecco allora i primi due elementi del noir: la città e il buio, che in questo caso è quello dell’omertà.
Arthemalle: L’omertà elevata a sistema, per cui sia durante le prove che al debutto dello spettacolo a Cagliari ci fu molta tensione, perché si era sparsa la voce che stavamo lavorando a questa vicenda di famiglie e circoletti di potere di cui non si poteva parlare…
Biolchini: …tanto che fu difficile trovare gente che fosse pronta a raccontarci i fatti, senza ripensarci il giorno prima.
Dunque come risalire agli eventi?
Arthemalle: Usando il metodo indicatoci da Massimo Carlotto: non dire esattamente quale fu la verità. Abbiamo usato nomi fittizi e dati inquinanti. E questo ha provocato l’effetto che nella sala e nel foyer del teatro a Cagliari si dicessero a gran voce i nomi dei veri colpevoli, e anche nelle altre città volevano informarsi sugli eventi precisi. Perché per reazione, falso più falso è uguale a vero, e perché se sul palcoscenico si inquinano i fatti, scatta automatica la voglia di verità…
Biolchini: …e non solo. Proprio perché la città si chiuse in un silenzio allucinante, noi abbiamo dovuto inventare. E per uno strano miracolo abbiamo scoperto che gran parte dei fatti inventati coincidevano con la realtà, per esempio le abitazioni o le strade dove avvenne la storia, il bar dove si incontravano i ragazzi.
A dimostrazione che soprattutto nel noir si passa di continuo dalla cronaca all’immaginario, dalla realtà alla finzione…
Biolchini: E che inventando spesso ci si azzecca. E questo ci ha inquietato.
Come siete riusciti a raccontare sia i fatti che la versione processuale degli eventi?
Biolchini: Alternando i monologhi che l’attore (Elio Turno Arthemalle, n.d.r.) sta provando per lo spettacolo e che portano nel tunnel del racconto in prima persona – la Cagliari degli Anni Sessanta e un suo zio emigrato a Milano che, operaio all’Alfa Romeo, tornò in Sardegna con una Giulietta Spider-, e i dialoghi tra quest’attore e il tecnico che entra nella seconda scena. I dialoghi spezzano il clima, fanno emergere la verità nascosta e mettono in evidenza i limiti del teatro di narrazione che dilaga oggi sui palcoscenici italiani. E lo spettacolo si conclude con l’ultimo monologo interrotto dal tecnico che deve andare a mangiare, mentre il cinicissimo attore dice che tenterà un provino da Costanzo se andrà bene lo spettacolo.
Arthemalle: In realtà abbiamo voluto mettere in scena il teatro di narrazione col quale siamo in totale disaccordo, perché crediamo più alla narrazione dei pupari siciliani in terza persona che al racconto in scena dei fatti personali dell’attore.
Ritornando al genere: Il caso Spider Boys è più noir o più giallo?
Arthemalle: È più teatro. Il nero che ci ha indicato l’esperto, Massimo Carlotto, sta nel punto di osservazione della realtà: metterla a nudo e svelarne i meccanismi reali. E proprio questa è la nostra filosofia teatrale: teatronoir per noi oltre a essere una formula è una tautologia.
Biolchini: Uno scrittore noir avrebbe svelato alla fine l’esito del processo o i nomi dei malfattori. Invece noi a teatro abbiamo scelto di esporre subito nella prima scena il reato, dire i nomi degli assassini e raccontare la fine della storia, perché quello che ci interessa nello sviluppo drammaturgico dello spettacolo è l’avvicinamento, il meccanismo che porta alla fine.
Arthemalle: Lo stesso procedimento dell’ Edipo di Sofocle, dove solo attraverso un lento svelamento, una maieutica socratica si arriva a dire quanto annunciato all’inizio: l’incesto con Giocasta e dunque la colpevolezza di Edipo assassino del padre.
Biolchini: Il noir è una modalità letteraria che per essere trasportata in teatro ha bisogno di opportune mediazioni e necessari stravolgimenti. E in questo caso il nostro stravolgimento del noir letterario sta nel prendere il suo modo di vedere gli ingranaggi e le regole che reggono il mondo e non nell’interessarsi agli assassini e assassinati.
Quindi è un noir che diventa meno scuro sin dall’inizio: il buio inquietante si rischiara.
Arthemalle: È una luce sparata su un attore che entra in scena dicendo che c’è buio, come fa lo stesso Edipo che è cieco non solo fisicamente ma anche perché ancora non conosce la verità.
Biolchini: E questo fa più paura.
La città, il buio… ma dove sono le atmosfere fumose tipiche del noir?
Arthemalle: La città viene raccontata da un attore che sta provando lo spettacolo al chiuso a teatro, le atmosfere fumose sono evocate in un modo talmente finto -si racconta di porte che si aprono, di bicchieri che tintinnano- che la gente crede alla loro presenza.
Quale altro consiglio vi ha dato Massimo Carlotto?
Arthemalle: Mettere in piena luce il meccanismo del potere che quando vuole nasconde la verità comprando giornali, pagando persone. E questa necessità di chiarire è anche una deformazione giornalistica di Vito Biolchini che è giornalista di professione e Massimo Carlotto che lo è per vocazione, i quali affermano sempre che, passata l’epoca dei grandi reportage che hanno messo in ginocchio l’Italia, l’unico strumento di indagine giornalistica è la letteratura. E infatti in alcuni processi sono stati svelati fatti che Massimo Carlotto aveva già scovato e inserito nei suoi romanzi.
Spesso un fatto di cronaca diventa un film con tendenze noir sceneggiato dagli stessi giornalisti che si sono interessati al caso. Avete pensato anche voi a fare un film di questa storia?
Biolchini: No, perché quella degli Spider Boys è una piccola storia di provincia che non ha neppure il morto. E tra l’altro negli anni Sessanta le cronache erano piene di ragazzi di famiglie bene che facevano ‘bravate’, per esempio il caso Montesi.
Arthemalle: Inoltre noi crediamo che il teatro sia uno strumento di approfondimento maggiore del cinema. E ci interessava mettere il dito dove secondo noi c’è il male, in questi banali e squallidi fatti di provincia.
In Storia del noir Fabio Giovannini scrive che : “il noir indica una lettura ‘sociale’ della devianza, la ‘colpa’ del crimine è nella famiglia o nelle istituzioni, non in un’interiorità astratta di chi delinque. Rispetto al giallo”. È così anche per gli Spider Boys?
Biolchini: Sì perché il colpevole è la città. Alla fine l’attore cinico che vuole fare i soldi con questo spettacolo, si chiede a che cosa serva raccontare un caso di stupro a distanza di 40 anni, quando secondo la sentenza fu una ragazzata, e si chiede a che serva accusare tutta la città.
Arthemalle: Secondo il normale meccanismo della narrazione avremmo dovuto sollevare l’indignazione sui sedici stupratori, e invece la vera indignazione è che questi stupratori facciano una vita tranquilla e che non se ne possa parlare, non che non siano stati puniti allora. La vera indignazione si solleva sui corresponsabili dello stupro e cioè sui cittadini che coprono i colpevoli senza saperne i nomi ma conoscendone i cognomi.
Possiamo fare un esempio eccellente di drammaturgia noir?
Biolchini: In realtà la drammaturgia noir deriva da un fenomeno letterario sulla cui legittimità ancora si discute. Io non ho visto finora spettacoli noir ex novo, solo adattamenti da romanzi che però non hanno una resa teatrale soddisfacente perché la distanza tra teatro e letteratura è più ampia di quanto si creda.
Arthemalle: Infatti la grande intelligenza di Massimo Carlotto è stata confrontare la sua scrittura letteraria con le tavole del palcoscenico.
Biolchini: E ha capito che per fare una riduzione teatrale di un romanzo bisogna scrivere una storia nuova, che riporti lo spirito del libro, ma che sia altro, così come è successo per Buenos Aires non finisce mai.
Ma allora a teatro il noir è un genere possibile?
Biolchini: In teatro il noir esiste da sempre come atmosfera, come tono: nelle tragedie greche o in quelle gotiche, nel Macbeth di Shakespeare. Anche l’inizio di Amleto è noir ma non è teatro noir.
Arthemalle: Il noir è una delle cifre del teatro e noi l’abbiamo semplicemente messo in locandina.
Così come Edipo può essere considerata la prima indagine poliziesca della storia del teatro.
Biolchini: E Sofocle per alcuni versi può essere il primo drammaturgo noir, anche se nella prefazione di Edipo edito dalla Bur, si scrive che questa tragedia greca non è un noir perché travolge la regola numero uno del genere: chi indaga non può essere l’assassino. E a pensarci bene, sarebbe dunque un noir perfetto.
Il caso Spider Boys
Di Massimo Carlotto, Vito Biolchini e Elio Turno Arthemalle
Con Elio Turno Arthemalle e Lorenzo Perra
Regia di Vito Biolchini e Elio Turno Arthemalle
Scene e costumi di Antine Massa. Via geolocal, caffèeeuropa