L’arresto di emissari di Ahmadinejad in Kenya è la punta visibile di una preoccupante strategia: operazioni coperte di Teheran nel Continente nero.
I due iraniani arrestati in Kenya con l’accusa di preparare attentati a obiettivi occidentali sono solo la punta visibile delle operazioni coperte di Teheran in Africa. Il 20 giugno Ahmad Abolfathi Mohammad e Sayed Mansour Mousavi, che farebbero parte della Forza al-Qods, l’unità dei guardiani della rivoluzione specializzata in missioni all’estero, sono finiti in manette a Mombasa. Appena arrivati in Kenya, i due avevano chiamato un contatto sospettato di legami con gli shabab, i talebani somali. Dopo l’invasione delle truppe di Nairobi, i miliziani islamici minacciano vendetta (il 1° luglio sono state attaccate due chiese nel nord del paese). I sospetti agenti hanno portato i servizi kenyoti a scoprire 15 kg di Rdx, esplosivo che sarebbe servito per attentati a uffici di rappresentanza Usa e britannici o a interessi israeliani e sauditi. «Nel momento in cui la comunità internazionale minaccia interessi vitali dell’Iran come il progetto nucleare, l’Africa può diventare terreno di rappresaglia» sostiene l’israeliano Ely Karmon, dell’Istituto per l’antiterrorismo di Herzliya.
L’alleato più fidato di Teheran è il Sudan: i guardiani della rivoluzione hanno addestrato l’esercito del presidente Omar al-Bashir, ricercato per crimini di guerra. L’opposizione eritrea denuncia che sottomarini iraniani hanno accesso al porto sul Mar Rosso di Assab, difeso da sistemi d’arma di Teheran. Nel 2010 i nigeriani hanno sequestrato un arsenale destinato a un gruppo separatista del Gambia proveniente dall’Iran. E in Nigeria non sono attivi solo i terroristi anticristiani di Boko Haram, ma anche il movimento islamico di Ibrahim Zakzaky, finanziato da Teheran dopo la conversione del fondatore, d’origine sunnita, alla costola sciita dell’Islam. Source: panorama