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Feminicidio e violenza di genere

“E’ spacciato un amante rispettoso, consiglial pure che faccia altro mestiero, poich’egli è tal. Chi imparar vuole d’amare, disimpari il rispetto: osi, domandi, solleciti, importuni, al fine involi; e se questo non basta, anco rapisca. Or non sai tu come è fatta la donna? Fugge, e fuggendo vuol che altri la giunga. Niega,e negando vuol che altri si toglia. Pugna, e pugnando vuol che altri la vinca”. Questa frase è tratta dall’Aminta di Tasso e, in un’ottica contemporanea, sintetizza la concezione dell’amore che hanno molti autori di violenze sulle donne, ossia che la donna in realtà aspetta l’uomo che vinca le sue resistenze, perché, in fondo, anche se dice no, in realtà vuol dire sì.Molti psicologi e criminologi dicono che gli assassini mentono, quando dicono di avere ucciso la propria compagna “perché l’amavano”, ma, in realtà non è così, perché loro stanno solo vivendo secondo la loro visione dell’amore, che non concede alla donna il diritto di dire un “no” secco e risoluto, anche se corretto, e da’ all’uomo il diritto di “ridurla a più miti consigli”, anche con mezzi decisamente molto discutibili.Attenzione, con questo non intendo incensare gli stupratori e le stupratrici, assolutamente no, perché nel compimento di un reato tanto terribile ci sono due componenti, una di gruppo e una di responsabilità individuale e, visto che una scelta differente è possibile e non tutti arrivano a compiere un simile atto, la condanna, in caso di stupro conclamato, è anche giusta.Ma non è la soluzione.Come non è la soluzione starnazzare ai quattro venti “gli autori di feminicidio non amano”, “l’amore è rispetto”. Per carità, l’amore è rispetto dell’individuo, finché non danneggia gli altri, e lo si deve dire, ma si deve cominciare a riconoscere che non è sempre stato così, purtroppo, e che, ancora oggi, l’amore è associato al possesso.In perfetta buona fede.E che la donna, in fondo, anche se dice no, vuole dire sì, perché non ha la capacità di dire qualcosa in modo chiaro e netto, come ho detto prima.E questa visione egoistica dell’amore è colpa di una visione sacralizzata anche dei classici, soprattutto nei licei, che porta a idealizzare questi libri, come se fossero portatori di verità assoluta.In molti libri classici, dall’antichità fino al XIX secolo, è presente questa visione dei rapporti sociali e della donna, frutto dell’epoca e, purtroppo, quanto c’è di negativo in questi testi non viene mai sottolineato.Intendiamoci, i classici devono essere studiati, ma deve cessare quell’atteggiamento reverenziale che, nonostante il tempo, continua ancora, perché, pur avendo profondi bagliori di cambiamento, i classici sono testi incastrati nel loro tempo e questo contesto va studiato, esaminato, approfondito.Un esempio è la Divina Commedia.Va studiata? Sì.Va sacralizzata? No.Perché? Perché al suo interno vi sono delle posizioni normali ai tempi di Dante, ma deprecabili in questi anni (la condanna dell’omosessualità è un esempio) e sacralizzarla vuol dire ritenere che “Dante aveva sempre ragione”.

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Written by Zahira

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