Per abuso sessuale si intende il coinvolgimento in attività sessuali, fisiche o psicologiche, di una persona non in grado di scegliere:
o perché sottoposta a costrizione fisica e/o psicologica,
e/o perché non consapevole delle proprie azioni (ad esempio per via dell’età, di una particolare condizione psicofisica, etc.)
Sono dunque abusi sessuali soprattutto la congiunzione carnale, ma anche l’induzione a ogni tipo di atto sessuale di una persona che non è in grado di scegliere.
Il consenso
Nella cultura della maggior parte dei Paesi, le pratiche sessuali sono legali ed accettabili soltanto se entrambe le persone sono consenzienti.
In Italia:
«Chiunque con la violenza o la minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi».
(Legge n°66 del 15 febbraio 1996, art. 609bis)
L’età ed il concetto di “consenso” sono definiti spesso dalle leggi, e possono differire da Stato a Stato. Nella maggior parte dei casi, l’età del consenso e le leggi legali sulla violenza mirano a proteggere i bambini e gli adolescenti dallo sfruttamento, in particolare dallo sfruttamento fisico o psicologico che implicano il comportamento sessuale.
In Italia:
«La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all’articolo 609-bis sono commessi:
1) nei confronti di persona che non ha compiuto anni quattordici; 2) con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti e di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa; 3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; 4) su persona comunque sottoposta a limitazione della libertà personale; 5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore. La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci».
(Legge n°66 del 15 febbraio 1996, art. 609ter)
E l’art. 609quater della stessa legge specifica ancora meglio:
«2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza.
Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 609bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni».
Abuso sessuale in ambito familiare
Il termine abuso sessuale in ambito familiare viene applicato alla forma specifica della violenza domestica, dove l’abuso fisico o sessuale è perpetrato da uno sposo su un altro attraverso minacce o l’impiego della forza fisica. Questo coinvolge frequentemente il sesso forzato (violenza sessuale), umiliazioni sessuali e degrado personale. Anche in questi casi le leggi dello Stato proteggono uno dei coniugi contro la violenza sessuale domestica. Nella maggior parte dei casi si ha violenza dell’uomo nei confronti della donna anche se, in una minima parte, vengono segnalati casi di violenza (quasi sempre più a livello psichico che fisico) della donna nei riguardi dell’uomo.
Ricerche a livello clinico inducono a ritenere che un abuso sessuale perpetrato tra le “mura domestiche” produca danni più gravi a livello psicologico rispetto ad una violenza “esterna”, soprattutto quando sono presenti alcune caratteristiche:
uno stretto legame con la persona che effettua l’abuso;
una lunga durata dell’abuso;
il nascondimento dell’abuso o il non riconoscimento nell’ambito dell’ambiente familiare;
la persona abusata non è in grado di parlare dell’accaduto;
la persona abusata è ancora un minore.
In Italia la legge n° 154 del 5 aprile 2001 introduce importanti misure contro la violenza nelle relazioni familiari che si verifichino tra coniugi o tra componenti qualsiasi di uno stesso nucleo familiare pur non uniti da vincoli giuridici (conviventi). È una delle poche norme, quindi, che tutela la cosiddetta “famiglia di fatto”.
Molestie e violenze sessuali
Da un’indagine pubblicata dall’Istat nel 2005 su Molestie e violenze sessuali, risulta che in Italia oltre la metà delle donne in età 14-59 anni ha subito almeno una molestia sessuale, un ricatto sessuale sul lavoro o una violenza, tentata o consumata, nel corso della vita (55,4 per cento). Le vittime di stupro o tentato stupro e di ricatti sessuali sul lavoro (questi ultimi riferiti sempre alle donne di 15-59 anni in condizione professionale) rappresentano una quota minimale tra le vittime dei reati a sfondo sessuale (2,9 per cento le vittime di stupro o tentato stupro nel corso della vita, 3,1 per cento le donne in condizione professionale che hanno subito ricatti sessuali sul luogo di lavoro), mentre le molestie verbali e le telefonate oscene sono i reati più diffusi (rispettivamente il 25,8 e il 24,8 per cento delle donne in età 14-59 anni). Sono comuni anche gli episodi di pedinamento e gli atti di esibizionismo (entrambi quasi il 23 per cento). Quasi il 20 per cento delle donne nella fascia di età considerata ha subito molestie fisiche. I dati dell’indagine, inoltre, indicano che solo il 18,3 per cento delle vittime di violenze, tentate o consumate, le ha subite da sconosciuti.
Più frequentemente, invece, gli autori sono persone ben conosciute e vicine alle donne: amici (nel 23,5 per cento dei casi), datori di lavoro, colleghi, insegnanti o compagni di scuola (15,3 per cento) e persone conosciute di vista (14,2 per cento). Nel caso, poi, delle sole violenze consumate, l’autore è un amico delle vittime addirittura nel 23,8 per cento dei casi, il coniuge o il convivente (o l’ex coniuge/convivente) per il 20,2 per cento e il fidanzato o l’ex fidanzato per il 17,4 per cento, mentre le violenze da parte di estranei riguardano appena il 3,5 per cento delle donne che hanno subito violenza sessuale. Ben il 15,8 per cento delle vittime ha subito nel corso della vita violenza, tentata o consumata, a casa propria o negli spazi attinenti, l’11,8 per cento al lavoro o negli spazi circostanti, il 9,3 per cento a casa di amici, di parenti o di conoscenti e un ulteriore 6,9 per cento a casa dello stesso aggressore. Nel corso della vita, dunque, complessivamente, oltre il 43 per cento delle donne ha subito uno stupro o un tentativo di stupro in luoghi “familiari” contro il 21,1 per cento che li ha subiti, invece, in strada.
Studenti e molestie sessuali
Gli studenti possono essere vittime di attenzioni sessuali indesiderate da parte di insegnanti e professori.
Poiché in tutti i livelli scolastici alunni e professori hanno un diverso grado di autorità e potere, le attenzioni sessuali rivolte da un insegnante verso un alunno vengono classificate come “abuso di potere”, e possono provocare gravi conseguenze a livello penale, come l’essere schedati con l’accusa di molestie sessuali e la possibilità della perdita del lavoro con inibizione all’insegnamento.
Abuso sessuale su minori
L’abuso sessuale su minori è comunemente definito, nella cultura occidentale contemporanea, come qualsiasi attività a livello sessuale che un adulto esercita su o con una persona al di sotto dell’età del consenso, ed è considerato un crimine punito penalmente nella maggior parte dei paesi. L’abuso sessuale su minori include, inoltre, lo sfruttamento sessuale commerciale dei bambini, definito dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel testo del Worst Forms of Child Labour Convention del 1999.
«Si stima che circa un milione di bambini ogni anno viene introdotto nel commercio sessuale e l’India (400mila), gli Usa (244/325mila) e la Thailandia (200mila) sono rispettivamente ai primi posti nello sfruttamento sessuale dei minori. Questo fenomeno è in crescita in tutto il mondo ed è alimentato dalla crescente povertà dei paesi poveri e dalla domanda di danarosi clienti; un aspetto ancor più inquietante è non solo l’aumento della presenza di bambini e bambine molto piccoli fra le vittime di abuso, ma anche l’abbassamento dell’età dei “clienti”. Nella Repubblica Dominicana si calcola che 25mila bambini siano lavoratori del sesso, mentre nell’Africa occidentale sono circa 35.mila. Si ritiene che in Lituania un numero oscillante fra il 20 e il 50% delle prostitute sia costituito da minorenni, che bambine appena undicenni lavorino come prostitute nei bordelli e che bambini provenienti da istituti, alcuni persino fra i 10 e i 12 anni, vengono utilizzati per girare film pornografici».
(Telefono Azzurro, Eurispes, (2005) 6º Rapporto Nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza)
In Italia la legge n° 269 del 3 agosto 1998 definisce le Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale a danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.
Categorie di abusi sessuali
Si possono considerare quattro categorie di abuso sessuale:
abuso sessuale di femmine da parte di maschi
abuso sessuale di maschi da parte di femmine
abuso sessuale di maschi da parte di maschi
abuso sessuale di femmine da parte di femmine
La stragrande maggioranza degli abusi sessuali riguarda l’abuso sessuale di femmine da parte di maschi, ma sono abbastanza frequenti le altre 3 categorie di abuso sessuale. Malgrado sia diffusa la convinzione che solo i maschi commettano abusi sessuali, ciò come visto sopra, non è vero: le femmine sono responsabili di circa il 10% degli abusi sessuali, di cui una larga parte su minori. Secondo un rapporto dell’FBI sugli stupri negli Stati Uniti, il 96% degli stupri sono di femmine da parte di maschi, il 2% di maschi da parte di maschi, l’1% di maschi da parte di femmine e l’altro 1% di femmine da parte di femmine. Si deve dire che questi dati non sono certi, perché una considerevole percentuale di stupri non viene denunciata.
Progetti di Prevenzione dell’abuso sui minori
Negli ultimi anni sono stati realizzati diversi progetti di intervento nelle scuole per favorire una cultura del rispetto e di tutela dell’infanzia, a partire da una mirata formazione con gli insegnanti, i bambini e i loro genitori.
Si tratta di progetti di prevenzione primaria che forniscono strumenti e riflessioni affinché a scuola come in famiglia si possano trovare i modi per parlare e affrontare queste tematiche, insegnando ai bambini a riconoscere le situazioni a rischio e a comprendere i segnali del loro corpo.
È infatti di fondamentale importanza insegnare ai bambini come fare per proteggersi dagli abusi sessuali[1], e nel contempo fornire informazioni alle figure di riferimento più vicine ai minori – genitori e insegnanti – affinché accompagnino i più piccoli ad imparare a difendersi da situazioni potenzialmente pericolose, senza instillare in loro la paura del mondo esterno.
Tra i vari progetti: «Le parole non dette» (2003), ideato da Alberto Pellai e realizzato con la Provincia di Milano e «Lupus in Fabula» (2005), ideato da Massimo Silvano Galli e Michele Stasi e realizzato con l’ASL della Provincia di Milano 1 (Il manuale del progetto “Lupus in Fabula”).