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Venti cose che i radical chic dovrebbero smettere di fare

Il mondo è bello perché è vario direbbe la mia maestra delle elementari Aria Luce (si, si chiamava Aria Luce), però, il mondo sarebbe più bello se non mi dovessi continuamente scontrare con questi amanti del figurativo, questi rivoluzionari del salotto, questi “aspetta che ti cito Flaubert, il dadaismo e ti racconto la storia della Moleskine”, insomma dei radical chic. Amico, fattela una risata, guardati un video di Rihanna su YouTube, condividi una gif, apriti Facebook, non re-twittare gli status di Marco Travaglio, ma soprattutto smettila di…

1. Continuare a tirar fuori il nokia 3310 che hanno vinto coi punti della Conad nel 2001, dire “Mi basta questo: messaggi e chiamate, non ho bisogno di uno smartphone”. Chiamarti poi sempre perché ciao bello viviamo in una metropoli e non sai come arrivare da nessuna parte.
2. Interessarsi alla vita degli addetti al settore terziario con cui si interfacciano, facendo domande all’operatore del call center come “Sei contento della tua vita Massimo?”.
3. Chiamare i propri figli con i titoli delle canzoni di De Andrè o con i nomi dei personaggi della Divina Commedia.
4. Andare in giro con la giacca di pelle consumata che “Massì l’ho comprata anni fa”, che poi a ben guardare è una Balenciaga vintage da 5000 euro.
5. Chiamare tutti per nome, nel caso di lesbiche radical chic tutte per cognome.
6. Iscriversi a scienze del diritto internazionale e mollare al secondo esame.
7. Indossare collane di semi, orecchini di fiori, fermagli di feltro, bracciali fatti di forchette schiacciate.
8. Fumare tabacco eco-sostenibile, smettere di fumare perché quel tabacco fa troppo schifo, fumare solo erba e chiamarla “la Maria”. Se li inviti a cena ti ritroverai comunque con una decina di pacchetti di tabacco.
9. Quando parli di aspetti di costume e società ti interrompono dicendo: “Non ho la tv da dieci anni”.
10. Quando parti di un articolo letto su un giornale dicono al vicino: “Leggo solo stampa estera, è più genuina”.
11. Scegliere la spiaggia finta libera senza sdraio e ombrelloni perché vogliono il contatto con la natura, vogliono portare il cane, non vogliono il consumismo, però pagare la spiaggia “libera” una salassata.
12. L’ossessione da bio che sfocia nella produzione casalinga del sapone per lavare i panni.
13. Stringere amicizia con il vu-cumprà sotto casa e cercare di cambiare le sorti del suo destino comprandogli sempre un accendino. 
14. Avere l’orto fuori città e smarronarti i coglioni su quante zucche han fatto, su quanto erano grosse, su quanto erano arancioni, su quanto sapevano di zucca.
15. Spendere tutti quei soldi per comprare i 12 libri da 10 pagine l’uno che Erri De Luca scrive in un anno.
16. Dimostrarsi sempre e comunque km0, ma poi fare duecento chilometri per andare in quel negozietto indiano che ha l’henne che arriva direttamente da Bali perché le tinture chimiche fanno male ai capelli.
17. Riempirsi la bocca di parole come “crisi”, “debito pubblico”, “facciamo la fine della Grecia” e intanto prenotare il volo in India per gennaio perché “Con l’agenzia abbiamo vinto la gara con Fiat e siamo a posto per un po’”.
18. Proclamarsi gli evangelisti della medicina alternativa perché con quei semi di cucaracha continuo comunque ad avere mal di stomaco e la digito pressione dietro lo stinco non mi sta facendo passare i dolori mestruali.
19. Continuare a parlare di edilizia ecosostenibile anche dopo la brutta storia accaduta ai Tre Porcellini.
20. Troncare sul nascere quella passione per il cinema neorealista sovietico russo esportato in Bangladesh e sottotitolato in inglese, nonostante l’argomento sia stato oggetto della loro tesi triennale al DAMS. Source: bonsai
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Written by Laura Rossi

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