«Cantami, o Diva, del Pelide Achille/ l’ira funesta che infiniti addusse/ lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco/ generose travolse alme d’eroi,/ e di cani e d’augelli orrido pasto/ lor salme abbandonò (così di Giove/ l’alto consiglio s’adempìa), da quando/ primamente disgiunse aspra contesa/ il re de’ Prodi Atride e il divo Achille”»
(Proemio dell’Iliade nella traduzione di Vincenzo Monti)
Struttura del proemio
Invocazione: (verso 1): Il poeta esordisce invocando la musa per ispirare il suo canto e dargli la forza per narrare i fatti raccontati nel resto del poema. Egli compie quest’azione perché deve diventare lo strumento mediante il quale la Musa canta agli uomini le gesta degli eroi e ciò che è narrato nel poema. Il poeta invoca solamente una musa poiché, ai tempi di Omero, le muse non erano ancora nove a patrocinare le varie ramificazioni dell’arte. Protasi: (versi 1-7): La protasi ha la funzione di spiegare brevemente ciò che verrà narrato ampiamente nell’Iliade. Vengono esposti i motivi che comporteranno tutti gli eventi degli ultimi giorni di guerra: l’Ira di Achille scatenata dall’affronto subito da Agamennone. Il narratore spiega anche che l’Ira di Achille provocherà molti lutti e sofferenze agli Achei (le anime degli eroi vanno nell’Ade, l’oltretomba, i cadaveri insepolti vengono sbranati dai cani e dai volatili), pur sapendo il volere di Zeus. Questo proemio, come anche quello dell’Odissea, altro poema epico attribuito ad Omero, costituisce il modello per i successivi poemi epici e anche della letteratura cavalleresca.
Parafrasi
Canta, o dea protrettrice della poesia, l’ira portatrice di morte di Achille, figlio di Peleo, che causò
moltissimi morti tra i Greci, gettò nell’Oltretomba prima del tempo le anime di molti eroi
coraggiosi, e abbandonò i loro cadaveri perché fossero il pasto terrificante di cani e
uccelli (si compiva così il volere di Zeus), da quando per la prima volta un violento
litigio divise il figlio di Atreo, Agamennone, re dei coraggiosi, e il divino Achille.