Non sarà più sufficiente per il consumo derivante dalle attività umane.
Tra meno di trent’anni, potremmo trovarci ad affrontare una crisi idrica mondiale. Ad affermarlo è uno studio condotto da ricercatori di diverse istituzioni – tra cui la Aarhus University in Danimarca e la Vermont School of Law nel Vermont (USA) – e finanziato dall’americana CNA Corporation; sono state analizzate le situazioni di Cina, Francia, India e Texas. A quanto pare il problema principale è la generazione di energia elettrica: i sistemi adoperati consumano troppa acqua. Paul Faleth, della CNA, commenta: «Si tratta di un problema molto serio. Il raffreddamento delle centrali elettriche è l’attività che consuma la maggiore quantità di acqua negli Stati Uniti»: nel 2005 il 41% del consumo di acqua era legato alle centrali termoelettriche. Nell’ultimo secolo la popolazione mondiale è triplicata e il consumo dell’acqua è sestuplicato; se il ritmo resta costante – ipotizza il rapporto – entro il 2030 ci sarà una differenza del 40% tra la domanda e l’offerta di acqua. Già entro il 2020, però, tra il 30 e il 40% della popolazione mondiale non avrà accesso diretto all’acqua potabile, sempre secondo lo studio. Secondo i ricercatori, l’unica soluzione è produrre elettricità con sistemi meno “assetati” di quanto lo siano le centrali termoelettriche e quelle nucleari. Se infatti è vero che buona parte dell’acqua adoperata in questi impianti poi viene reimmessa nell’ambiente, è anche vero che un’altra parte risulta alla fine contaminata o comunque inutilizzabile per l’alimentazione. In questo senso il Texas può essere un esempio. Gli autori dello studio hanno scelto questo Stato per via del forte aumento della popolazione previsto da qui al 2050 (da 25 milioni a 55 milioni di persone) e per via del suo recente passato. Il Texas genera energia elettrica per il 33% tramite centrali a carbone, per il 10% tramite centrali nucleari e per il 48% tramite centrali a gas naturale. Durante l’estate del 2011, quando ci fu la peggior siccità nella storia di quello Stato, i texani però non subirono blackout: ciò sarebbe dovuto – dicono i ricercatori – la fatto che almeno un 10% dell’elettricità durante quell’estate venne prodotto con impianti eolici, che non fanno consumo di acqua, con punte del 18% in alcuni giorni. «Se continuiamo come adesso, ci troveremo davanti a una mancanza di acqua irrimediabile» commenta il professor Benjamin Sovacool, della Aarhus University. «Non ci sarà acqua nel 2040 se continueremo a fare ciò che facciamo oggi. Non c’è tempo da perdere. Dobbiamo agire ora».