Chissà se Babbo Natale è diventato azionista delle Poste partecipando alla loro privatizzazione, una delle operazioni più importanti sulla borsa italiana ma anche su quella giapponese. In Italia la recente OPV da 453 milioni di azioni di Poste Italiane è stata la prima importante privatizzazione da diversi anni a questa parte, il Giappone invece si è aggiudicato l’IPO dell’anno a livello mondo – seguita per dimensioni dalla cinese Alibaba nel 2014 – con il triplice collocamento di Japan Post e delle sue controllate Japan Post Bank e Japan Post Insurance che si è chiuso con una raccolta di 1.400 miliardi di yen, pari a oltre 10,5 miliardi di euro.
Sorprendente l’accoglienza del mercato: Japan Post ha chiuso la prima seduta segnando un +25,71%, Japan Post Bank +15,24% e Japan Post Insurance addirittura un +55,91%. Ma quello che mi ha colpito in modo particolare è la destinazione dei fondi raccolti con la quotazione: andranno a finanziare prevalentemente la ricostruzione della regione di Tohoku devastata dal terremoto del 2011.
Ogni tanto il mondo si dimentica che il Giappone ha dovuto affrontare con la triplice tragedia del 2011 – tsunami, terremoto e incidente nucleare di Fukushima Dai-ichi – la più grande perdita della storia causata da un disastro naturale. Eppure sembra proprio che da quel disastro, il paese asiatico abbia trovato nuova stamina e da allora le tre frecce del premier Shinzo Abe sembrano andare nella giusta direzione. Proprio questa incredibile capacità di resistenza e rinnovamento di fronte alle avversità è l’oggetto dell’ultimo libro di David Pilling, Asia Editor del Financial Times, ospite di Aberdeen e moderatore alla Conference “Discovering Asia” in programma martedì 17 Novembre a Villa Necchi Campiglio.
Nel suo Bending Adversity: Japan and the Art of Survival, Pilling ripercorre la storia e l’attualità di questo popolo, ricordando come proprio la sua insularità lo abbia al tempo stesso emarginato ma anche protetto, rendendo la sua cultura unica e speciale. La stampa occidentale, ci rimanda più spesso a un Giappone sinonimo di lost decades, deflazione, contrazione economica. Ma in realtà, come ricorda Vittorio Volpi – studioso e appassionato del Giappone – nel suo ultimo libro fresco di stampa Il Giappone delle meraviglie, questo arcipelago così esposto alle intemperie del Pacifico è la terza potenza mondiale, conta per 8% del PIL globale e nonostante gli anni bui, è riuscito a mantenere un alto tenore di vita con un reddito pro capite di 37.800 dollari e una disoccupazione sotto il 4%.
Ancora una potenza, dunque. Ci racconta David Pilling che quando lo tsunami distrusse la regione di Tohoku – dove andrà la prima tranche di ricavi dell’IPO di Japan Post – che produceva da sola circa il 40% dei microcontrollori di tutto il mondo, la General Motors fu costretta a sospendere la produzione di veicoli in Louisiana. Il Giappone conta e l’Abenomics deve essere letto come un progetto a lungo termine volto a trovare un modello di sviluppo nuovo, basato sulla post-crescita, sulla qualità della vita, sulla ricerca di fonti energetiche alternative, tutti temi che possono servire da esempio ad altri paesi, come anche l’Italia, che si confrontano con fenomeni quali la deindustrializzazione e il calo demografico.
“Anche le sfortune diventano cose buone dopo tre anni”, dice un antico proverbio giapponese, che in nuce è anche il senso del Bending Adversity, il piegare le avversità, di David Pilling, di cui il Giappone si è dimostrato capace. Difficile dire se il paese del Sol Levante tornerà a risplendere nel Far East, ma il modello nipponico ha sicuramente molto da raccontare. Via: asset