Oggi l’elettroshock ha una cattiva reputazione, ma c’è stato un tempo in cui l’uso di scariche elettriche per curare malattie mentali era ben visto e diffuso. Che cosa è successo? Perché le critiche a questa terapia convincono più della sua sicurezza ed efficacia? Budapest, 24 gennaio 1934. Il neuropsichiatra Ladislas von Meduna inietta una soluzione di canfora in un uomo di trent’anni con una grave schizofrenia catatonica che da quattro anni non si muove dal letto. Una lunga convulsione, e il paziente sta meglio. Dopo altre sette applicazioni viene dimesso e torna al lavoro. Successivamente, von Meduna usa un farmaco più pratico e meno rischioso, il metrazolo, e il successo è tale che nel giro di pochi anni la terapia è applicata in tutto il mondo. L’idea del beneficio delle convulsioni proveniva dall’osservazione che in alcuni pazienti gravi la presenza spontanea di convulsioni epilettiche provocava un miglioramento temporaneo dei sintomi. Inoltre la minore incidenza di disturbi psichiatrici faceva pensare che la schizofrenia e l’epilessia fossero malattie antagoniste (ipotesi non confermata). I problemi del trattamento erano che le convulsioni causate dai farmaci, per quanto efficaci, talvolta non si presentavano, o arrivavano dopo che il paziente aveva lasciato l’ospedale o per una durata superiore a quella considerata terapeutica. Così si cercarono sistemi più affidabili per provocare convulsioni terapeutiche. Via: lescienze