L’ascesa dei consulenti-robot trasforma il mondo della finanza.
Fino a qualche anno fa si trattava di una piccola nicchia di mercato, ma ora è vero e proprio boom dei consulenti-robot, il prodotto del connubio tra Wall Street e Silicon Valley. I servizi di consulenza finanziaria automatizzata online stanno spopolando. Quello che fino al 2012 rappresentava un business riservato a poche start-up statunitensi oggi controlla un patrimonio complessivo pari a 300 miliardi di dollari, che, secondo le stime della società di consulenza A. T. Kearney, è destinato a crescere fino a raggiungere 2.200 miliardi entro il 2020. Una crescita esponenziale a cui contribuiranno anche i grandi gruppi finanziari. Le multinazionali della finanza, temendo per la loro posizione di leadership nell’industria del risparmio gestito, tra le poche fonti sicure di guadagno, stanno progressivamente entrando nel mercato della consulenza finanziaria automatizzata. Le opzioni sono due: acquisire società esistenti specializzate in questo campo, come hanno fatto Invesco, BlackRock e Goldman Sachs, oppure sviluppare questi servizi internamente. Quest’ultima strada è quella che hanno intrapreso Merryl Lynch e Fidelity. Anche Wells Fargo e Morgan Stanley hanno annunciato l’intenzione di entrare nel business dei robo-advisor, non è ancora chiaro se comprando una società o sviluppando al loro interno le competenze necessarie. I consulenti-robot piacciono molto ai più giovani, che preferiscono gestire i propri investimenti tramite app. I nuovi servizi rendono le scelte di investimento molto semplici e immediate: è sufficiente dichiarare la propria età, il reddito, il livello di propensione al rischio, gli obiettivi di investimento e in automatico gli algoritmi consigliano un portafoglio titoli ideale. C’è poi l’aspetto della convenienza economica: mentre i consulenti tradizionali richiedono delle commissioni annue pari ad almeno l’1%, i costi dei servizi offerti dai consulenti-robot sono mediamente la metà. Entro il 2020 la concorrenza della consulenza automatizzata potrebbe sottrarre ogni anno all’industria delle gestioni patrimoniali d’oltreoceano circa 12 miliardi di dollari di ricavi (fonte A. T. Kearney). Per sopravvivere il settore dovrà dunque adeguarsi, e la trasformazione è già in atto. Emblematico è il caso di BlackRock: la società leader nel risparmio amministrato lo scorso agosto ha acquisito FutureAdvisor, azienda fondata a San Francisco nel 2010 da due giovani informatici. Successivamente è stato il turno di Invesco, che ha comprato un’altra start-up della Silicon Valley, la Jemstep. Dietro ai consulenti-robot ci sono le teorie economiche sviluppate dall’accademia americana. Il Nobel per l’Economia William Sharpe è il co-fondatore della Financial Engines, società che fornisce consulenze online sulla allocazione dei risparmi previdenziali. Burton Malkiel, altro importante economista, è chief investment officer del robo-advisor attualmente più di tendenza, Wealthfront. Non solo Stati Uniti: i servizi dei consulenti-robot si stanno espandendo anche all’estero. In Giappone la prima a lanciare servizi di consulenza finanziaria automatizzata è stata la banca Mizuho, in Europa il ruolo di apripista è toccato a Deutsche Bank. In Italia nel 2011 è stata fondata MoneyFarm, start-up emergente in questo settore ideata da un ex di Morgan Stanley, Paolo Galvani, e Giovanni Daprà. Nel 2015 la società di Galvani e Daprà ha ricevuto un finanziamento record da 16 milioni di euro dal fondo inglese Cabot Square Capital e da qualche mese ha iniziato ad operare anche sul mercato britannico.