Per avere il Piv bisogna aver compiuto 60 anni e si possono avere fino a 300mila euro. Il tasso può essere fisso o variabile. Gli eredi possono saldare il debito entro un anno e prendersi la casa, oppure lasciare che la banca venda l’immobile.
Prestito ipotecario vitalizio (PIV). In pratica un giochetto accreditato di un mercato da 2 miliardi di euro che ha destato più di una critica da parte di chi lo considera un ulteriore regalo del governo alle banche. Di cosa si tratta? Potrebbe essere definito un mutuo al contrario per gli anziani che possono procurarsi soldi liquidi ipotecando la loro casa. Una sorta di strumento finanziario alternativo dedicato a chi fino ad oggi non aveva praticamente nessun accesso al credito bancario, ma aveva a sua disposizione unicamente il classico strumento della vendita della nuda proprietà dell’immobile, con riserva del diritto di usufrutto o abitazione. Il contratto in genere ha una durata pari a quella della vita di chi lo sceglie. Alla morte del proprietario gli eredi possono decidere se rimborsare o no il prestito. Se non rimborsano, la banca può vendere l’abitazione senza la loro autorizzazione (legge 44/2015 e dal dm 22 dicembre 2015).
Le condizioni
Per godere del cosiddetto PIV bisogna avere sessant’anni compiuti, il prestito viene garantito dall’ipoteca di primo grado sulla casa di proprietà e si possono ottenere fino a 300 mila euro di finanziamento. Per ovvie ragioni, più alta è l’età maggiore può essere la quota finanziata. In genere si parla del 10 per cento del valore dell’immobile per i sessantenni, del 20 per i settantenni, del 40 sopra gli ottanta e del 50 per chi ha superato i 90 anni.
Gli interessi
Particolare e discutibile il discorso sugli interessi. Sia quelli sul debito che quelli sulle spese vengono infatti capitalizzati e dovranno essere pagati dopo la morte del sottoscrittore. Il tasso può essere fisso o variabile. Come spiega il Messaggero, la capitalizzazione annuale degli interessi (anatocismo) fa in modo che il debito verso la banca possa avvicinarsi nel giro di alcuni anni al valore dell’immobile dato in garanzia. In pratica – fa notare il giornale – un finanziamento da 100 mila euro, trascorsi 10 anni, può significare doverne rendere quasi 150 mila.
La scelta degli eredi
E i figli o gli altri eredi, si dirà? Gli eredi possono saldare il debito entro un anno e prendersi la casa, oppure lasciare che la banca venda l’immobile per coprire il debito, ottenendo l’eventuale surplus. Se l’istituto non riesce a cedere il cespite entro 12 mesi, potrà ridurre del 15 per cento il prezzo, e così via, di anno in anno fino al buon esito dell’affare. Ma attenzione: se il prezzo di vendita dell’immobile non copre per intero la somma da rimborsare tra capitale ed eventuali interessi capitalizzati, non è un problema degli eredi perché il rischio è totalmente a carico della banca.
Il consenso dei figli
Non serve ottenere dagli eredi un mandato per vendere. Da considerare che alcune banche preferiscono vincolare la concessione del prestito al consenso dei figli, ritenendo che questi vadano coinvolti.
I costi
L’istruttoria e la perizia costano qualche centinaio di euro, poi bisogna prevedere alcune migliaia di euro per il notaio, in proporzione al finanziamento. L’imposta sostitutiva è pari allo 0,25 per cento dell’importo se chi finanzia è la banca e viene ipotecata la prima casa, mentre arriva al 2 nel caso di finanziarie o seconde case.
I documenti
È la banca a decidere se concedere o meno il prestito. Qualora la risposta sia positiva il prestito vitalizio può essere erogato anche a tranche. Quanto ai documenti necessari per concretizzare il contratto sono i seguenti: carta d’identità, codice fiscale, certificato contestuale, stato di famiglia e relazione notarile preliminare o atto di provenienza.
I tempi
I tempi per ottenere il prestito possono andare da due o tre settimane fino ad alcuni mesi a partire dalla domanda di finanziamento fino all’erogazione. Molto dipende dall’istruttoria e dalla perizia.