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Oralità e scrittura

W. J. Ong in “Oralità e scrittura” affronta da un punto di vista sincronico e diacronico il tema delle differenze tra culture e oralità primaria, del tutto ignare della scrittura e della stampa, e culture chirografiche ( da χειρ,χειροζ in greco “mano”), che si basano sulla scrittura. Delle oltre tremila lingue parlate oggi solo settantotto possiedono una letteratura; la scrittura è stata inventata in un preciso momento della storia dell’uomo e la tecnologicizzazione della parola è un processo tuttora in evoluzione; secondo Ong la scrittura e’ una tecnologia come le altre: “non sono semplici aiuti esterni, ma comportano trasformazioni delle strutture mentali, e in special modo quando hanno a che vedere con la parola.” La scoperta delle culture orali primarie è relativamente recente e strettamente legata alla storia della questione omerica. Nei primi anni Venti, Perry mise in luce la struttura metrica dei poemi omerici. L’aedo non imparava né ricordava parola per parola, ma secondo cliché fissi, costruiti appunto in esametri, e grazie al ripetizione di formule fisse, epiteti (l’Aurora dalle dita rosate o Achille piè veloce) e rime. Havelock ha poi esteso il lavoro di Perry mostrando come gli inizi della filosofia greca fossero legati alla ristrutturazione del pensiero operata dalla scrittura.
Quali sono i tratti di una cultura orale primaria? Non è facile rispondere a questa domanda, poiché la scrittura pone l’alfabetizzato in una condizione di non ritorno, e non è possibile, per noi, pensare le parole senza vederle. In una cultura ad oralità primaria, invece, le parole sono suoni cui non corrisponde alcun luogo: il suono esiste nel momento in cui viene emesso e percepito per poi sparire. In questo senso, scrive Ong, le parole di Omero sono sempre “alate”. Source: scritturaenuovaorality

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Written by Laura Rossi

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