Il dolore di chi cerca i propri genitori biologici, gli sfoghi contro la «violenza» della tecnica e il suk dei gameti online. Per avere un assaggio del mondo nuovo in cui tutto è possibile, perfino comprare un figlio, basta navigare un po’ su internet.
«Fate attenzione a ciò che desiderate. Questo è un modo terribile per portare una nuova vita nel mondo»; «Non avere un padre mi ha segnato profondamente, ho sofferto»; «Siamo contrari a questa pratica, chiediamo giustizia». Sono alcune delle voci dei figli della fecondazione eterologa, che hanno trovato nel web un posto dove sfogare una frustrazione repressa, come quella di chi è «arrabbiato con mia madre, ma nello stesso tempo non la voglio incolpare». E sono drammi destinati in rapida moltiplicazione, stando ai numeri sciorinati la settimana scorsa dalla britannica Human Fertilisation and Embryology Authority (Hfea): in tutto il mondo si calcolano dai 30 mila ai 60 mila bambini concepiti con gameti comprati, mentre nel 2012, nel solo Regno Unito, sono state 632 le donne single che si sono sottoposte alla fecondazione in vitro.
Gli altri più forte di me
A dare voce a questi ragazzi attraverso il sito Anonymous Us è Alana Stewart, nata a sua volta da sperma acquistato, grazie a quello che lei ora considera l’«atto violento di comprare e vendere un figlio». La storia di Alana era cominciata a circolare grazie al documentario Anonymous Father’s Day, vincitore del California Independent Festival 2012, in cui la ragazza denunciava «l’assenza biologica di un genitore impossibile da ignorare (…), mi sento privata non solo di mio padre, ma di tutti i suoi parenti».
Oggi, nel sito lanciato da lei, Anonymous Us, si possono leggere le storie drammatiche di molti altri figli dell’eterologa. «Ho sentito mancare qualcosa», racconta uno degli autori, «come se non potessi sentirmi completamente insieme ai ragazzi della mia età (…) erano più forti e maturi di me (…) crescere vedendo i padri giocare con i loro figli mi ha reso triste».
Io bastarda
Ma ci sono casi in cui il dolore può andare ben oltre, fino a far sentire qualcuno «una nuova razza di bastardo, perché non sono stata concepita all’interno del matrimonio di mio padre, io non sono sua figlia. Io sono stata “donata” via volutamente. Adesso so chi è, ma io odio questa identità che lui e i miei genitori mi hanno dato. Io non sono degna di mio padre o del riconoscimento, l’amore e la cura della mia famiglia biologica. Io non appartengo. Sono un’outsider (…). Fate attenzione a ciò che desiderate. Questo è un modo terribile per portare nuova vita nel mondo».
C’è anche chi non vuole «incontrare il mio donatore, ho navigato online alla ricerca di altri figli di donatori contrari a questa pratica: chiediamo giustizia, chiediamo un cambiamento». Qualcuno si sfoga letteralmente contro il “padre biologico” perché «chiunque voglia degradare le donne usandole come oggetti sessuali con la pornografia, disconoscere i bambini che non vuole per sé, mettere incinta tante sconosciute (…) e mai una volta in vita sua verificare se i suoi figli siano sani, felici, vivi (…) è il maschio peggiore e più disgustoso del pianeta. Il problema è che lui pensa di aver appena offerto un servizio all’umanità».
Caccia ai genitori biologici
Tra i figli della fecondazione eterologa tuttavia non esiste solo il rifiuto. Qualcuno cerca il padre o la madre da anni senza sosta, postando le proprie generalità e fotografie su siti appositi come Searching for my sperm donor father (alla ricerca di mio padre donatore di sperma), dove Tom, per esempio, sta «provando a trovare il mio donatore di sperma e i miei fratelli da sei anni» e Lucy racconta che fu «concepita con uno sperma donato nel 1986 a Londra». Queste persone possono cercare le proprie origini anche tramite il portale Donor Connections, attraverso cui alcuni donatori, magari dopo anni, decidono di cercare i loro figli, riportando la propria identità, i luoghi e le circostanze in cui decisero di cedere i loro gameti.
Il mercato Sono invece moltissimi i siti in cui avviene una vera e propria compravendita di bambini. Uno dei più noti è Coparents, in cui si trova di tutto, dall’annuncio della «coppia gay, desiderosa di un figlio», che cerca «una cogenitorialità fatta con la testa e la correttezza», fino all’offerta di «Davide di Milano, di bella presenza, donatore di sperma». C’è anche un papà «sposato con 4 figli, atletico, di bella presenza» che si dice disponibile anche a «un incontro dal vivo». Da Roma si propone una coppia «di 41 anni convivente, lei docente universitaria, io libero professionista, che cercano una singola o coppia omo, per avere la possibilità di avere un figlio. Cerco una co-genitorialità perché la mia compagna non ha troppo tempo libero, causa il lavoro impegnativo, per potersi dedicare a seguire un neonato». L’americana Nw Ccryobank invece offre perfino la possibilità di acquistare le foto dei donatori e conoscerne nei dettagli le doti e la vita, selezionando i preferiti.
Un problema si salute pubblica?
Ma fra anonimato, mercato in crescita e sviluppi tecnologici, la fecondazione eterologa pone già problemi gravi. Basta pensare ai casi come quello di Ed Houben, che ha dichiarato di avere concepito 99 figli grazie alla tecnica: come spiega un ragazzo su Anonymous Us, «un donatore può avere anche più di duecento figli cresciuti da sconosciuti nella stessa area (…). Questi potrebbero finire per avere rapporti sessuali l’uno con l’altro, rendendo la donazione di sperma un problema di salute pubblica».
Scenari fantomatici? A quanto pare è una domanda su cui pochissimo hanno il tempo di soffermarsi, in questa corsa frenetica a soddisfare il proprio “desiderio di genitorialità”. Si legge ancora Anonymous Us: «Non c’è assolutamente nulla da guadagnare dalle tecnologie riproduttive, (…) neppure la felicità è garantita agli acquirenti. Ci sono genitori che hanno domandato risarcimenti alle compagnie che hanno prodotto i loro figli perché non sono venuti fuori secondo la cifra pagata per averli». Non solo, «i nostri padri e le nostre madri sono trattati come mandrie di allevamento (…), noi veniamo fabbricati in un laboratorio e la nostra vita è pagata in contanti». Ed è giusto «separare volutamente i vostri bambini dai loro genitori biologici? Fare subire ai vostri figli la tortura psicologica di cercare disperatamente la loro famiglia, che non potranno mai trovare del tutto perché nessuno sa quanti fratelli potrebbero avere? Sarebbe questa “la famiglia dei vostri sogni?”». Via: tempi