Microflora
Flora microbica. Si riferisce alla flora batterica reperibile in un dato ambiente o mezzo organico. In rigerimento al vino, i gruppo microbici maggiormente coinvolti risultano essere lieviti (rappresentati dalla specie Saccharomyces cerevisiae) e batteri lattici, responsabili della fermentazione secondaria (malolattica) e rappresentati principalmente dalla specie Oenococcus oeni. Ascrivibili alla microflora enologica anche i batteri acetici, responsabili del difetto conosciuto come “spunto acetico”.
Spunto e acescenza
Malattia del vino. Si tratta della trasformazione dell’alcol (etanolo) in acido acetico (acido etanoico) da parte dei batteri acetici (Acetobacter). Questa trasformazione può avvenire soltanto in presenza di ossigeno poiché i batteri acetici sono germi aerobici. Questa malattia comporta lo sviluppo di un odore acescente, accompagnato talvolta da odore di colla (acetato di etile), e da gusti di aceto (acido etanoico). Lo spunto acetico provoca un immediato aumento dell’acidità volatile (acido etanoico).
Le alterazioni del vino possono manifestarsi nel colore, nell’odore, nel gusto. Le cause che determinano i difetti sono di origine diversa: microbiche, chimiche, fisiche. Spesso queste tre cause si combinano tra loro in una combinazione molto pericolosa per le caratteristiche del vino imbottigliato.
Le alterazioni microbiche sono le più pericolose perché possono trasmettersi agli altri vini con i quali vengono a contatto, per esempio, in recipienti mal lavati. Il recupero di un vino alterato è aleatorio e costoso. Le alterazioni portano a una variazione di composizione del vino provocata dall’attività dei microbi: in questo modo vengono ad essere deprezzati i caratteri organolettici.
Un vino che presenta caratteri di debolezza o instabilità bionica è predisposto ad “ammalarsi”. Fattori che favoriscono l’insorgenza di problemi sono: basso grado alcolico (>12°), bassa acidità (ph>3,5), residuo zuccherino, bassa solforosa, pochi tannini, elevata disponibilità di azoto assimilabile e fattori alimentari, conservazione a temperatura elevata.
La cernita delle uve con l’eliminazione delle parti lesionate e l’igiene di cantina rappresentano punti fermi da cui partire per ottenere un vino sano. Ma può non essere sufficiente e allora arrivano i problemi.
La fioretta deve il suo nome all’aspetto del vino colpito: isolotti rosa o bianchi che si formano sul vino; dal collo di una bottiglia fino ad una vasca di 100 hl, la fioretta colpisce con una membrana completa che risale la parete del recipiente. Gli agenti causa di questa malattia appartengono a 4 generi di funghi “cattivi”: Candida, Pichia, Ansenula e Brettanomyces; tutti hanno bisogno di aria per provocare la fioretta, alcuni possono formare spore e/o fermentare.
In questo caso il ph non frena i responsabili della patologia che possono resistere all’alcol sino a 14°; gli effetti, oltre ad essere “estetici” sono valutati in: una diminuzione dell’alcol, un aumento dell’acetaldeide e dell’acido solfidrico. La prevenzione dalla fioretta si esplica con l’abituale igiene di cantina e con la tecnica dell’imbottigliamento a caldo. Per la cura si ricorre alla pastorizzazione e alla microfiltrazione.
La fermentazione mannitica è caratteristica delle zone calde e le condizioni predisponesti sono fornite oltre che dalla temperatura elevata anche dall’eccesso di zucchero nel mosto e dalla bassa acidità dell’uva. La mannite si forma dal fruttosio per l’intervento dei batteri lattici eterofermentativi.
Alcuni tra i batteri in questione attaccano gli zuccheri e, invece di formare totalmente alcol, formano diversi composti e ciò accade perché ne hanno la capacità (tipica del loro metabolismo) ed anche per altre ragioni che andiamo ad elencare: temperatura troppo alta, insufficiente potere alcoligeno del lievito, presenza di sostanze inibenti all’interno del mosto; tra i vari composti formati troviamo l’acido lattico che, in questo caso, è responsabile dello spunto lattico; vengono altresì prodotti acido acetico e anidride carbonica; pur non avendo effetti devastanti, il problema può essere risolto con la pastorizzazione e la rifermentazione in vinacce fresche.
Il girato è considerato un problema dei vini deboli, poveri di acidità e ricchi di sostanze azotate: sembra che incominci la fermentazione per la presenza di bollicine ma, tutto ad un tratto, la massa s’intorbida e si ha precipitazione della materia colorante. I batteri lattici responsabili del girato trasformano l’acido tartarico in acido acetico e anidride carbonica.
Filante e Amaro sono anch’essi causati dai batteri lattici. Il Filante colpisce i vini bianchi e giovani in bottiglia: li trasforma in torbidi e dall’aspetto untuoso. La malattia è favorita dall’assenza di ossigeno, dalla bassa acidità, poco alcol e residui di zuccheri.
Rari sono i casi di Amaro, con scomparsa della glicerina e massiccia presenza di batteri filamentosi: l’amaro, che può colpire i vini rossi nobili, potrebbe essere causato dalla reazione tra i polifenoli e l’acroleina, aldeide insatura derivata dalla degradazione della glicerina.
L’acescenza (spunto acetico) è testimoniata chimicamente da acidità volatile elevata: acetobacter (privilegia il vino) e gluconobacter (preferisce il mosto) sono i batteri acetici. L’acetato di etile è la molecola caratterizzante per l’aspetto olfattivo lo spunto acetico e solo in seconda battuta si pone l’acido acetico. Quando avviene questo problema diminuiscono gli acidi fissi, (malico e lattico) e il glucosio attaccato dai batteri diventa acido gluconico.
I batteri acetici hanno bisogno di ossigeno che deve essere presente in forte quantità. La temperatura che favorisce l’acescenza è compresa tra i 18° e i 28° con una gradazione alcolica minore di 13° anche se i residui zuccherini predispongono favorevolmente al problema. Si previene con l’igiene di vigneto e di cantina e se si vinifica in rosso con le tecniche delle follature e dei rimontaggi, su cui ritorneremo. Quando un vino ha più del due per mille di acido acetico c’è ben poco da fare. Una volta bloccato il processo con la solforosa, si può tagliare o rifermentare con un lievito che abbia un buon potere riducente.
L’odore simile a quello delle foglie di geranio lacerate è dato da una sostanza che si forma per reazione tra l’alcol etilico e l’acido sorbico; pare che anche i batteri lattici riescano a degradare quest’acido e a fornire l’odore di geranio.
L’odore di topo è dato dallo sviluppo di lieviti Brettanomyces e di alcuni batteri lattici eterofermentativi che formano composti odorosi appartenenti al gruppo delle tetrapiridine.
La solforosa è un utile strumento di prevenzione per una buona parte delle problematiche descritte; come ho accennato in alcuni casi esistono anche altre possibilità ma sono fondamentali l’igiene e la cura dei locali e delle attrezzature della cantina e, prima ancora, il controllo della sanità delle uve.
Ecco un panorama abbastanza vario ma sarò lieto di rispondere e aiutarvi rispetto alle numerose difficoltà che si presentano, anche improvvisamente, nei vari passaggi che conducono al prodotto finito. Via: wikipedia, viticulture, vinit