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Il Troll di Internet (Trollare)

Con il termine troll, nel gergo di internet, e, in particolare, delle comunità virtuali, si indica una persona che interagisce con gli altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi.

Origine del termine
Il termine deriva dal mitologico troll, creatura umanoide diffusa, secondo la leggenda, nell’Europa settentrionale, in particolare in Norvegia.
Dal sostantivo troll si derivano comunemente, sia in lingua inglese sia tramite l’adattamento alla lingua italiana, il verbo to troll, trolling (tradotto in trollare), ovvero l’agire come un troll (fomentare gli animi provocatoriamente), e la locuzione farsi trollare, ovvero il cadere nella trappola di un troll, rispondendo alle sue provocazioni.
Alternativamente, l’origine proverrebbe da un altro significato del verbo inglese to troll, muovere un’esca in modo tale da spingere un pesce ad abboccare.

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Comportamento tipo
Di norma l’obiettivo di un troll è far perdere la pazienza agli altri utenti, spingendoli a insultare e aggredire a loro volta (generando una flame war). Una tecnica comune del troll consiste nel prendere posizione in modo plateale, superficiale e arrogante su una questione vissuta come sensibile e già lungamente dibattuta dagli altri membri della comunità (per esempio una religion war). In altri casi, il troll interviene in modo apparentemente insensato o volutamente ingenuo, con lo scopo di irridere quegli utenti che, non capendone gli obiettivi, si sforzano di rispondere a tono ingenerando ulteriore discussione e senza giungere ad alcuna conclusione concreta.
Il cross posting, ovvero la pubblicazione di un messaggio in più sezioni diverse, è un sistema utilizzato dal troll per infastidire più gruppi contemporaneamente.
Un troll particolarmente tenace ed astuto può scoraggiare gli utenti di una comunità virtuale fino a causarne la chiusura.
La figura del troll può coincidere in alcuni aspetti con quella del fake, ovvero colui che disturba una comunità fingendosi qualcun altro. Tuttavia, un fake potrebbe partecipare in modo disciplinato e costruttivo alla conversazione (diversamente dal troll), mentre un troll potrebbe non celare né falsificare la propria identità (diversamente dal fake). Sovente le due figure, però, hanno obiettivi sovrapponibili.

Esempi di comportamento
Alcuni tipi di messaggi e attività associati all’azione del troll:
L’invio di messaggi intenzionalmente sgarbati, volgari, offensivi, aggressivi o irritanti.
L’invio di messaggi con contenuti senza senso, detto in gergo informatico flood (come: semplici lettere, emoticon, testi casuali)
L’invio di un numero di messaggi, anche se non particolarmente provocatori o insensati, tale da impedire il normale svolgimento delle discussioni.
L’invio di messaggi volutamente fuori tema (con frasi come: “come sviluppo la mia pagina web?”, in un forum nel quale si parla di musica).
L’invio di messaggi contenenti errori portati avanti con finta convinzione (con frasi come: “Così è la vita è certamente il miglior film di Roberto Benigni, checché ne diciate!”).
L’invio di messaggi a scopo di disinformazione e critica insensata.
Il perorare intenzionalmente e con tensione un’argomentazione basata su un errore difficile da dimostrare o su opinioni potenzialmente verosimili, facendosi seguire nella discussione dalla comunità.
Il pubblicare contenuti di disturbo come suoni, immagini o link a siti offensivi, sovente mimetizzandoli come innocui.
Lo svelare trame di film o libri senza avvertire.
Lo sbagliare deliberatamente e ripetutamente i nomi (di persone o cose) o regole grammaticali per irritare gli altri utenti.
L’attribuire a tanti l’opinione di uno, vittimizzandosi e non rispondendo nel merito, spingendo possibilmente altri utenti a prendere le proprie difese (con frasi come: “vi siete coalizzati contro di me”).
Il ridicolizzare o denigrare ripetutamente gli interventi di un utente “concorrente”.
Lo scrivere deliberatamente messaggi enfatici su un dato argomento divertendosi alla spalle di chi corrobora poi la propria fasulla tesi.
Il portare avanti tesi opposte a quelle dichiaratamente discusse nella comunità, con argomentazioni vaghe, imprecise e pretestuose, generando quindi flame (per esempio pubblicando teorie evoluzioniste in un forum di creazionisti o viceversa).

Storia del fenomeno
I primi riferimenti all’uso del termine “troll” sono presenti nell’archivio Usenet e risalgono agli anni ottanta. Non è tuttavia chiaro se il significato attribuito al termine fosse quello successivamente attribuitogli o se fosse un semplice epiteto utilizzato fra i vari possibili.
L’origine più probabile del termine troll è nella frase “trolling for newbies”, che divenne popolare nei primi anni 1990 nel gruppo Usenet alt.folklore.urban: un detto scherzoso fra utenti di lunga data che presentavano domande o argomenti tanto ripetuti e dibattuti che solamente un nuovo utente poteva perder tempo a rispondervi. Altri estesero il significato per includere il comportamento di utenti disinformati; tuttavia i troll erano ancora considerati nell’accezione ironica, più che provocatrice.
Nella letteratura la pratica venne documentata da Judith Donath nel 1999, che citò molti esempi aneddotici provenienti da vari gruppi Usenet. Secondo Donath:
«Nel mondo fisico c’è una intrinseca unità fra identità e individuo, perché il corpo fornisce di per sé una adeguata e inappellabile definizione di identità: la regola è “un corpo, una identità”. (…) In questo il mondo virtuale è diverso, perché è composto di informazione invece che di materia.»
Donath fornì una sintetica panoramica dei comportamenti che si basano sulla confusione fra comunità fisica e virtuale:
«Agire come troll è un gioco di false identità, compiuto senza il consenso degli altri partecipanti. Il troll cerca di farsi passare per un legittimo utente che condivide gli stessi interessi e argomenti degli altri; i membri del gruppo, se riconoscono un troll o altri impostori, cercano sia di distinguere i messaggi reali da quelli degli impostori, sia di fare in modo che l’impostore abbandoni il gruppo. Il successo o meno di questi tentativi dipende da quanto sono bravi (sia gli utenti che i troll) ad individuare le rispettive identità; alla fine, il successo o meno di questa strategia dipende da quanto diminuisce il divertimento che il troll ricava da questo gioco a causa del “prezzo” imposto dal gruppo.»
«D’altro canto i troll possono danneggiare il gruppo in molti modi. Possono interrompere le discussioni, dare cattivi consigli, minare la fiducia reciproca della comunità degli utenti. Inoltre un gruppo di discussione che sia stato oggetto di attacco di un troll può “sensibilizzarsi” e rifiutare di discutere o rispondere a domande oneste ma ingenue, scambiandole per ulteriori messaggi del troll: questo può portare a osteggiare un nuovo venuto, che non sa nulla di tutta la vicenda e si ritrova rabbiosamente “accusato”. Anche se l’accusa è infondata, essere considerati dei troll è molto dannoso per la propria reputazione online.»

Uso e significato del termine
Il termine troll deriva dalla mitologia norrena. Nell’accezione originale, indica una creatura fantastica, generalmente malvagia, con carattere antropomorfo, abitante nelle foreste del nord Europa.
Un’ipotesi alternativa deriva dal fatto che il primo uso del termine nel campo informatico sembra essere stato in forma di verbo (“trolling for newbies”), il che fa propendere alcuni per l’origine dal verbo inglese to troll, che indica nel campo della pesca far muovere un’esca in modo da attirare le prede[4]. Solo successivamente sarebbe nata l’identificazione con il personaggio mitologico.
Nel linguaggio di internet, dare del troll a qualcuno significa postulare una congettura sul motivo per cui agisce, mentre il verbo derivato (to troll, trollare) descrive la percezione che si ha riguardo al suo comportamento. L’azione di comportarsi come un troll può però essere legata anche al contesto e alla personalità di chi scrive. È possibile, infatti, agire come un troll senza averne l’intenzione: irritando una comunità in modo non volontario e in buona fede.
Il significato di troll ha inoltre confini molto soggettivi e variabili a seconda del contesto: un comportamento che nella comunicazione interpersonale potrebbe venire considerato un semplice sfogo o uno scatto d’ira, potrebbe essere etichettato come “trollare” nelle discussioni su Internet. Una discussione animata per taluni interessante, potrebbe essere reputata da troll per altri.
In casi frequenti, il termine troll è utilizzato anche per screditare – con malafede o meno – un utente che porta una posizione opposta alla propria o a quella maggioritaria, generando nel gruppo forme di rigetto.
Alimentare i troll (to feed the troll) è infine una locuzione utilizzata per indicare il “dare corda” ai provocatori, rispondendo loro ripetutamente e dando loro così nuovo materiale su cui agire. “Per favore non alimentate i troll” (please don’t feed the troll) è perciò un suggerimento comune che gli utenti esperti inviano ai nuovi, quando pensano di aver individuato un troll, al quale l’utente sta involontariamente dando benzina da gettare sul fuoco.

Motivazioni dei troll
Secondo vari studi, sebbene comportamenti di disturbo siano riscontrabili anche nelle normali relazioni interpersonali, un ruolo chiave che spinge ad agire come troll nelle comunità virtuali è la sensazione di anonimato che molti utenti percepiscono durante la navigazione su internet.
Poiché la definizione stessa di troll non è condivisa, cosa spinga un utente ad agire come tale è oggetto di dibattito. Alcune motivazioni:
Ricerca di attenzione: dominare la discussione incitando l’astio e dirottando efficacemente l’attenzione verso di sé.
Divertimento o satira: irridere chi si infervora seriamente e perde tempo per le parole volutamente provocatorie di un totale sconosciuto, provocando grandi discussioni con poca fatica.
Disagio personale: reazione a situazioni di disagio familiare, scolastico, finanziario o relazionale; per esempio combattendo sentimenti di inferiorità attraverso l’esperienza di controllare un ambiente.
Ragioni economiche: sfruttare la figura dei troll come mezzo di marketing per attrarre utenti e discussioni in una comunità o far parlare di sé.
Modificare l’opinione: ostentare opinioni estreme per fare in modo che le proprie vere opinioni, poi, sembrino moderate, e convincere quindi un gruppo di utenti a seguirle.
Combattere il conformismo: rompere la chiusura e il conformismo del gruppo agendo con una “terapia d’urto”.
Attaccare un utente o un gruppo: agire personalmente contro un soggetto o gruppo di soggetti per ripicca, gelosia, non condivisione di idee o altra ragione.
Diminuire il rapporto segnale/rumore: diluire i messaggi informativi in un fiume di messaggi inutili, per far perdere interesse e utilità al gruppo o all’argomento discusso.
Verificare la robustezza di un sistema: violare le regole e i termini d’uso per controllare se e come gli amministratori/moderatori prendono contromisure.
Ricerca sociologica: studiare il fenomeno per ragioni di ricerca sociologico/scientifica.

I soggetti coinvolti
Nelle comunità virtuali, alcuni utenti agiscono come “cacciatori di troll”, entrando volontariamente in conflitto con altri utenti che reputano tali e finendo per essere a loro volta dannosi per la comunità (dando, per l’appunto, “da mangiare al troll”).
Durante i conflitti causati dai troll il comportamento degli utenti si può dividere in categorie:
Il Troll: chi attivamente fomenta gli scontri e gli attriti (volontariamente o involontariamente).
I Dirottatori o Foraggiatori: coloro che rispondono animatamente ai messaggi provocatori del troll, “dandogli da mangiare”.
Il Cacciatore di troll: che non inizia il conflitto, ma se coinvolto ricambia con eguale protervia, talvolta sfruttando il troll stesso per agire in modo aggressivo e accusando quindi spesso falsi positivi.
Il Nobile: chi cerca di ignorare il conflitto, continuando a discutere gli altri argomenti; esprimendo disapprovazione per il troll ma non sfidandolo, postando consigli semplici ed efficaci del tipo “non date da mangiare ai troll” o altre frasi volte alla pacatezza o all’ironia gentile (“suvvia, ragazzi, ignoratelo e se ne andrà da solo”).
I Moderanti o Moderatori: chi cerca di risolvere attivamente il conflitto in modo che tutte le parti in causa restino il più possibile soddisfatte, dando talvolta involontariamente “da mangiare ai troll”.
Gli Spettatori: chi si allontana dal conflitto limitandosi a osservare o anche abbandonando la comunità.

Contromisure alle azioni di disturbo
La soluzione più comune alle azioni del troll è ignorare le provocazioni, resistendo alla tentazione di rispondere. Inizialmente, in genere, il troll non parte esagerando nel suo lavoro perché se riuscisse a creare problemi senza far capire che è lì solo per disturbare, avrebbe raggiunto il suo scopo e potrebbe continuare tranquillamente senza che magari si sospetti chi è in realtà. Quando invece viene ignorato chiaramente si innervosisce perché vede che non riesce a mettere in atto il suo piano: allora solitamente inizia a produrre messaggi sempre più offensivi pensando che più la provocazione è grande e maggiore sarà la possibilità di creare disordini, e quindi cerca di fare sempre peggio fin dove può spingersi, per ottenere le tanto sperate reazioni; ma a quel punto, l’entità stessa delle provocazioni risulta palese e si capisce che non è un utente che pone normali domande o vuole discutere, e viene scoperto. Se non è astuto o esperto, durante le provocazioni può scadere facilmente anche nel grottesco, perché si trova davanti al problema di dover aumentare forzatamente l’intensità della contesa, ma di non essere capace a spacciarla per veritiera. E se alla fine viene sconfitto, finisce per abbandonare il gruppo.
Se il sistema lo permette, si possono inoltre applicare filtri che rendono invisibili al resto della comunità i messaggi inviati dagli utenti segnalati al sistema come disturbatori (per esempio i killfile nel caso dei newsgroup, o le “black list”).
Altra soluzione, specie se la discussione sta degenerando, è sfruttare le capacità degli utenti moderatori che pacatamente cercano di riappacificare gli animi.
Poiché esistono diversi motivi che portano ad assumere il comportamento tipico di un troll, alcuni non in malafede, attribuire ad un utente l’etichetta di troll può generare ulteriori tensioni.
La letteratura sulla risoluzione dei conflitti in sociologia, suggerisce infatti che indicare una persona come un disturbatore non sempre aiuti a far cessare i comportamenti indesiderati. Una persona allontanata da un gruppo sociale, può infatti assumere il ruolo di antagonista e cercare di disturbare o far arrabbiare ulteriormente i membri del gruppo. L’etichetta di “troll” può quindi perpetuare o aggravare il comportamento del disturbatore.
Nel caso di forum non moderati, si possono presentare troll che disturbano la conversazione con ragionamenti pseudo-realistici usando una terminologia sofisticata che mette in ombra chi sostiene i giusti principi creando ovvie reazioni ed esasperando gli animi. In primo luogo non bisogna lasciarsi coinvolgere nel turpiloquio e bisogna mantenere la calma. La contromisura consiste nell’indicare tranquillamente la persona come troll, nel farla esprimere su concetti o principi di validità universale e quindi di isolarlo evidenziando questo comportamento da troll quale è. Se non si identifica il troll, e si rinunzia alla conversazione, lo stesso ha raggiunto il suo obiettivo di annullare la libertà di espressione.

Aspetti utili dell’attività dei troll
Sebbene il “troll” sia generalmente considerato una presenza indesiderabile, la sua attività può in taluni casi portare conseguenze utili alla comunità. Esso può infatti:
rafforzare il sistema contro gli attacchi e contribuire a formare i soggetti che si occupano della prevenzione.
contribuire alla maturazione democratica di una comunità nel tollerare il dissenso.
scardinare posizioni di potere, dominanti o di controllo autoritario all’interno di una comunità.
stimolare o rianimare, anche involontariamente, le discussioni e la partecipazione informativa.
rivelare la presenza di altri troll nascosti o l’abuso da parte di amministratori e moderatori dei propri poteri di controllo.
Vi sono infine casi nei quali l’epiteto di “troll” è formulato con intenti ironici e scherzosi e contribuisce quindi alla coesione del gruppo.

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Written by Vicky Ledia

Membro orgoglioso di Dracia.com

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