La sinestesia è una figura retorica che prevede l’accostamento di due termini appartenenti a due piani sensoriali diversi.[1]
Ha largo uso in poesia ed in genere nella versificazione:
(Giovanni Pascoli, Novembre)
Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde
(Giosuè Carducci, il bove)
a poco a poco mi ripigneva là dove ‘l sol tace.
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto I)
Venivano soffi di lampi
(Giovanni Pascoli, L’assiuolo)
Urlo nero
(Salvatore Quasimodo, Alle Fronde dei Salici , da La buona novella)
L’odore di fragole rosse
(Giovanni Pascoli, Il Gelsomino Notturno , da Canti di Castelvecchio)
Tra le canzoni, si può citare:
io per un giorno per un momento, corsi a vedere il colore del vento
(Fabrizio De André, Il sogno di Maria)
È usata però anche nella lingua di tutti i giorni (colori caldi, giallo squillante ecc.) e quindi anche in prosa. Può essere considerata un caso particolare di enallage, cioè di scambio tra due diverse parti del discorso.
Note
^ poetare, figure retoriche