Partiamo dall’inizio: Come e quando hai iniziato a dipingere?
I miei iniziali e appassionati approcci con la prima forma di pittura e nella fattispecie, con l’autoritratto, li ebbi a tre anni, su un tavolo della mia camera d’infanzia. Decisi di dare fedele rappresentazione del mio viso e per la prima volta mi ritrassi, tastando i miei misteriosi lineamenti e vergando la loro traduzione in colori. Venne fuori il disegno di una bambina antropomorfa niente male, che ancora oggi conservo.
Chi ha deciso il genere? Di chi è stata l’idea?
Non è nato sotto una qualche decisione o volontà alcuna, è il naturale risultato di un percorso atto al connubio di un’osservazione interiore con quella esteriore, di tutto quello che avverto e che mi circonda.
Qual è il tuo background?
Consiste nel “solidificare i miei stati d’animo” in una traduzione allegorica di ciò che sento. Non vi è una ricerca di tale trasmutazione che invece arriva alla mia persona, come un bisogno impellente.
Con il tuo genere a cosa ti avvicini maggiormente?
Probabilmente al surrealismo, ma anche alla metafisica e al simbolismo sudamericano.
Ti ispiri a qualche artista famoso?
Mi ispiro a più di un artista, quelli che maggiormente mi sono stati attribuiti sono Frida Khalo, Renè Magritte, ogni tanto Carlo Carrà o Giorgio De Chirico, ma sono tanti gli artisti dai quali subisco il fascino, seppur autori di un genere diverso: da Caravaggio a Schiele, da Van Gogh al alcuni esponenti del moderno pop surrealismo.
Oltre a questo, fai altro?
Certo. Ho tante passioni parallele alle quali mi dedico ma non bastano mai, vorrei sempre migliorare e poter fare di più. Tuttavia, dopo dodici anni di lavoro nel campo della moda ora il mio tempo è quasi interamente dedicato all’arte.
Puoi spiegare cosa significa per te essere?
Seguo semplicemente la mia inclinazione naturale improntata sin dall’infanzia verso la creatività, la curiosità verso l’esistenza, l’estetismo e la natura. Ciò comporta certamente dei sacrifici, ma sono nulla in confronto alla libera espressione del proprio sé interiore.
Che rapporto c’è tra te e i pennelli?
Ho grande rispetto verso i miei preziosi operai! Purtroppo però vengono strapazzati dalle tante ore lavorative e dalla febbre del tocco pittorico che li riduce irrimediabilmente a povere creature spelacchiate. Per questo se una volta mi accontentavo di prodotti dalle dubbie qualità, ora mi circondo solo di strumenti altamente professionali.
Come definiresti le tue opere?
Cronache di un’anima in forma allegorica.
Qual è l’arte contemporanea che si apprezza ora?
Pittoricamente parlando, i generi recepiti più direttamente deduco siano l’iperrealismo e la streetart.
Quale soluzione potrebbe migliorare la situazione attuale dell’arte?
Partendo dalla radice, con una sensibilizzazione migliore dell’individuo nell’infanzia, con uno stimolo maggiore alla creatività e all’osservazione. La quantità ha preso ormai il posto della qualità e la frenesia quello della contemplazione, di questi tempi senza un’adeguata educazione è difficile soffermarsi e avere la volontà di creazione del bello.
Quali sono i tuoi artisti preferiti?
Gli stessi che mi ispirano lo studio della tecnica e della libera espressione: Caravaggio, Dali, Schiele, Magritte, Khalo ma anche Escher, Van Gogh, Goya.
Di cosa trattano i tuoi quadri?
È un’autobiografia d’introspezione dipinta.
A cosa ti sei ispirata per realizzare le tue opere?
Alla malinconia, alla frustrazione, alla delusione, al perseguimento dell’armonia e della quiete, ma anche ai colori e alle ambientazioni della mia isola, la Sardegna.
Ti piace la situazione artistica della tua nazione?
Non mi piace e ribadisco che inizialmente andrebbe stimolato il singolo individuo sin dai primi anni di vita, anche se credo che ci sia sempre tempo per poter sensibilizzare anche solamente il proprio buon gusto. Ciò che dilaga è una povertà di interesse dovuta all’ignoranza che porta inevitabilmente alla predilizione per distrazioni che impoveriscono ancora di più il potenziale intelletto e la sensibilità dei sensi.
Ti piace la situazione artistica internazionale?
In alcuni luoghi l’arte è certamente più sentita, ma è comunque ridotta a uno strumento di marketing, questi sono ad oggi i tempi moderni.
Dipingere, colorare, creare, da quanto tempo sei attiva?
Da sempre, se non dipingo scolpisco, assemblo, decoro o costruisco.
Sei soddisfatta della risposta del pubblico alle tue mostre?
Si, lo sono. Nasce una comunicazione empatica, un’energia circolare che si crea, viaggia sino al pubblico e mi viene restituita per darmi nuova forza da regalare ancora e ancora.
Sei emozionata quando presenti le tue opere a tanta gente?
Un po’ di emozione è inevitabile, ma ciò che avverto è soprattutto realizzazione e gratitudine verso tanta attenzione.
Il tuo percorso artistico è interessante. Hai qualche aneddoto particolarmente significativo?
Nessun aneddoto particolare, ma come altre volte mi è capitato d’affermare, spesso le immagini dei dipinti arrivano fulminee ed intere, come dei flash improvvisi che mi pervadono durante i momenti della giornata, mentre guardo di sfuggita il cielo o lo scorrere dell’acqua dal rubinetto. Il messaggio arriva inaspettato e il mio compito è solamente quello di tradurlo su tela.
Progetti futuri? Impegni ambiziosi?
Rendere il mondo sempre più partecipe dei miei onirici, diffondermi a macchia d’olio, portare le mie figure non solo per l’Europa, ma anche oltre oceano.
Vuoi ringraziare qualcuno?
La Sardegna e l’ispirazione, che quasi percepisco come una divinità.