Le performance da choc dell’amazzone dell’arte
Milo Moiré artista svizzera, si esibisce sempre nuda.
Quando Milo Moiré entra in scena fa sempre discutere. C’è chi la bolla come esibizionista, chi si limita ad ammirarne la bellezza statuaria e chi prova a leggere fra le pieghe delle sue esibizioni. Già, perché le performances dell’artista svizzera presuppongono la sua totale nudità. “I bambini sono i più spontanei – dice Milo in una lunga intervista concessa al settimanale zurighese Schweizer Illustrierte -, perché non hanno pensieri peccaminosi. Mi domandano, ad esempio, se non ho abbastanza soldi per comprarmi i vestiti”.
Una laurea in psicologia all’Università di Berna e un trascorso da modella di successo, l’elvetica deve la sua fama a momenti come quelli che l’hanno vista, qualche mese fa a Colonia, dare vita ad un quadro realizzato con uova colorate espulse dalla sua vagina. L’azione “Plop Egg” ha fatto il giro del mondo, causando un fiume di commenti. Il risultato della sua performance è appeso nel salotto del loft di Düsseldorf che divide con il suo fidanzato, il fotografo Peter Palm.
Per difendere la sua privacy e quella della sua famiglia, che la sostiene nella sua attività, l’artista preferisce non dire qual è il suo vero nome. “Ho un bel rapporto con i miei genitori, che non mi hanno mai ostacolato, anzi mi spronano ad andare avanti – afferma Moiré -. Non voglio però coinvolgerli troppo, perciò mai chiederò loro di partecipare direttamente ad una della mie esibizioni”.
Sull’onda del suo agire, ama definirsi artista concettuale ed espone le sue idee dopo una lunga fase di riflessione. Anche se per alcuni aspetti l’improvvisazione sembra farla da padrone, le piace avere tutto sotto controllo. Ogni movimento, ogni frammento è studiato a tavolino. E per tenere lontano i malintenzionati, da qualche tempo ha ingaggiato una guardia del corpo. “Può sempre succedere che si avvicini un ubriaco o un maniaco – dice -. Il rischio è grosso e io non voglio essere al centro dell’attenzione di questi brutti personaggi”.
Facile da dire, difficile da fare. Perché con la sua maniera particolare di esporsi, Milo non passa di certo come una persona normale. All’edizione dell’anno scorso di Art Basel avrebbe infatti voluto accedere nuda, ma non le fu permesso di entrare. Poi, qualche tempo dopo, fu scacciata anche dal museo di Munster, in Germania, perché ancora una volta in tenuta adamitica stava visitando la mostra “Die Nackte Leben” (La vita nuda) con un neonato fra le braccia. “Quella volta volli misurare quanta differenza la mente umana può sopportare tra l’astrazione e la verità”, afferma l’artista.
Evidentemente però le sue rappresentazioni sono troppo crude per buona parte degli appassionati d’arte, che non la vedono di buon occhio. Il suo scopo però non è quello di piacere, ma quello di produrre arte in una maniera poco usuale. “Non ho mai l’intenzione di scioccare, voglio solo superare alcune barriere – spiega -. Ad esempio in ‘Plop Egg’ l’uovo rappresenta lo stadio più primordiale della vita e il suo inserimento nella vagina il concepimento. La fuoriuscita e gli schizzi che si disegnano sulla tela sottostante sono invece la nascita di un’esistenza”. Una nuova vita che la tedesca d’adozione potrebbe anche un giorno dare veramente alla luce. Anche se per adesso le priorità sono altre. “Per ora non mi pongo ancora il problema – risponde -. I miei figli sono le mie opere. D’altronde credo che fra qualche anno sarò ancora più bella e più desiderabile di adesso. Perciò c’è tempo”.
Plopegg Mauritius by Milo Moire
Per il momento quindi l’attenzione di Milo Moiré è tutta dedicata alla professione. Grazie alla quale si guadagna da vivere, anche se per le esibizioni non incassa un centesimo. “Le mie opere invece si vendono molto bene – dice -. Quel che manca ancora è il riconoscimento del mio lavoro nella comunità artistica. Il mio sogno è potere un giorno trovare una galleria che ospiti i miei quadri. Purtroppo nell’ambiente a dominare è soprattutto il denaro e il lato artistico non riesce mai a spuntarla quando si tratta di proporre qualcosa di innovativo”.
La grinta dunque non le manca, ma nemmeno l’ambizione. Infatti, quando le si chiede dove vorrebbe essere fra dieci anni, la risposta non si fa attendere e spiega molto sulla sua caparbietà e sulla sua voglia di riuscire. “Nel 2025 spero di essere al MoMa di New York”, conclude. Via: ilcaffè