L’antropologia (termine composto col prefisso antropo-, dal greco άνθρωπος ànthropos = “uomo” più il suffisso -logia, dal greco λόγος, lògos = “parola, discorso”), nata come disciplina interna alla biologia, studia l’essere umano sotto diversi punti di vista: sociale, culturale, morfologico, psicoevolutivo, artistico-espressivo, filosofico-religioso e in genere dal punto di vista dei suoi vari comportamenti all’interno di una società.

Cenni storici
Se già gli antichi Egizi solevano distinguere le differenze tra i popoli, raffigurando i nemici catturati con un colore della pelle diverso, come ad esempio i libici dalla pelle chiara, ed evidenziando inoltre usanze e tratti fisici differenti, come la barba lunga degli stessi uomini libici, bisognerà attendere gli studi dello storico e geografo greco Erodoto di Alicarnasso, per poter leggere una descrizione dei caratteri di varie popolazioni antiche (Etiopi, Greci, Egizi, Sciti), nella quale l’autore distinse tra i caratteri fisici e quelli etnografici.[1] Uno dei primi precursori dell’antropologia, nell’antichità fu Aristotele, che si preoccupò di classificare il mondo zoologico, comprendente l’uomo animale ragionevole. Le conoscenze dei tipi umani si approfondirono grazie agli studi dei medici Ippocrate e Galeno e ai racconti dei viaggiatori, da Marco Polo a Magellano. Nel XVII secolo, in uno studio sulle Antille, il padre domenicano Jean-Baptiste Du Tertre descrisse in chiave antropologico-razziale gli abitanti di quelle isole. Nel Settecento Linneo istituì una catalogazione delle varietà umane imperniata sia sui caratteri fisici sia su quelli morali o etnologici e l’antropologia ottocentesca ricevette un grande sviluppo grazie alle ricerche fornite, qualche anno prima, da Buffon (1707-1788), basate sul concetto di razza umana e dalla teoria dell’adattamento ai vari ambienti naturali. Seguirono Lamarck (1744-1829), Blumenbach (1752-1840), con le sue norme descrittive del cranio, Paul Broca (1824-1880) e la craniometria, Manouvrier (1850-1927) con la focalizzazione dei rapporti tra morfologia e funzionalità. In Italia si misero in evidenza, oltre al caposcuola Giustiniano Nicolucci (1819-1904), che nel 1857 scrisse il primo trattato italiano di antropologia ed etnologia, anche Paolo Mantegazza (1831-1910), fondatore della prima cattedra di antropologia nella penisola, a Firenze nel 1870, ed Enrico Morselli (1852-1929).

Fondazione dell’antropologia: Morgan e Tylor
La nuova scienza antropologica (basata sull’analisi delle strutture sociali dei popoli arcaici) ebbe un inizio promettente con Lewis Henry Morgan (1818-1881) ed Edward Burnett Tylor (1832-1917), i quali, nei loro studi sugli amerindi e su altre popolazioni primitive, rivelarono la comune struttura sociale di tribù di diversi paesi: una struttura caratterizzata da un sistema complesso di rapporti, spesso matrilineari e dalla mancanza di proprietà privata e di un apparato repressivo (prigioni, polizia, ecc. L.H. Morgan, Ancient society, Londra, 1877; E.B. Tylor, Anahuac, Londra, 1861). Questo fu per loro lo stato primitivo della nostra civiltà, corrispondente all’antica organizzazione sociale della Grecia antica e di Roma antica. Ma questa traccia, che minacciava di minare alla sua stessa base la morale, la proprietà privata e lo Stato borghesi, era troppo pericolosa per gli antropologi accademici, i missionari, gli esploratori che avevano raccolto le prime informazioni dirette sulle civiltà selvagge. Anche questo compito fu lasciato a Marx e a Engels. Da parte sua, la scienza borghese preferì porsi sul terreno del comparativismo di James Frazer (1854-1941) e di Westermarck (1862-1939) e limitarsi alla raccolta di oggetti d’arte e folklore, alla ricerca delle origini razziali attraverso la misurazione dei crani. Col miglioramento delle comunicazioni e con l’intensificarsi dello sfruttamento coloniale che caratterizzarono gli ultimi decenni dell’Ottocento, i contatti con i popoli primitivi si moltiplicarono. E sebbene nella maggior parte dei casi questi contatti avvenissero unicamente in funzione dello sfruttamento e dello sterminio delle popolazioni indigene, resero anche possibile una maggiore conoscenza dei loro costumi e delle loro credenze. I primi studi antropologici sul posto furono quelli effettuati nel 1871 da Miklukho Maklai (1846-1888) nella Nuova Guinea e da una spedizione zoologica nello stretto di Torres e nella Nuova Guinea (1898-1899). Di questa fecero parte A. C. Haddon (1855-1940) e W. H. R. Rivers (1864-1922). Ma neanche di queste osservazioni dirette, che valsero a confermare lo schema di organizzazione tribale fornito da Morgan e Tylor, si seppe dare altro che un’interpretazione psicologica, mentre gli aspetti economici seguitarono a essere trascurati.

Impostazione dello studio
Nella contemporaneità, dal punto di vista accademico, l’antropologia è suddivisa, nella tradizione di studi italiana, in due aree principali:
l’antropologia fisica (o “antropologia biologica”), che studia l’evoluzione e le caratteristiche fisiche degli esseri umani, la genetica delle popolazioni e le basi biologiche dei comportamenti della specie umana e dei suoi parenti più stretti, le grandi scimmie (primatologia);
le discipline demo-etno-antropologiche, che si occupano degli aspetti socio-culturali ecc. (ad esempio le reti di relazioni sociali, i comportamenti, usi e costumi, gli schemi di parentela, le leggi e istituzioni politiche, le ideologie, religioni e credenze, gli schemi di comportamento, i modi di produzione e consumo o scambio dei beni, i meccanismi percettivi, le relazioni di potere). Grande importanza ha per tale area di studi la ricerca etnografica, spesso considerata come base imprescindibile per riflessioni teoriche ed eventuali comparazioni.
Generalmente, quando viene utilizzato il termine antropologia senza specificazioni, oggi ci si riferisce a questo secondo gruppo. Le definizioni “antropologia culturale”, di derivazione statunitense, “antropologia sociale”, di provenienza britannica, ed “etnologia”, di scuola francese, vengono spesso utilizzate per riferirsi genericamente al campo di studi delle scienze antropologiche o etnoantropologiche. L’utilizzo di queste etichette comporta diverse letture teoriche dell’antropologia, che possono essere in linea di massima messe in relazione con le diverse tradizioni di studi. Tuttavia vi è ampio consenso nella contemporaneità nell’individuare un’unità epistemologica di fondo del campo disciplinare. In Italia si tende quindi a preferire la dizione “scienze (o discipline) etnoantropologiche” per evitare le implicazioni teoriche della scelta tra etnologia e antropologia sociale e culturale. In accordo con questa tendenza la voce enciclopedica di riferimento per tale campo di studi è Scienze etnoantropologiche, e in essa viene trattata la storia della disciplina.

Tematiche dell’antropologia
Essere umano e natura (la specie umana, le teorie dell’evoluzione, la primatologia comparata, l’ecologia umana, la paleoantropologia, l’antropologia molecolare)
Società e politica politica, la guerra, (la ricerca del potere e dell’autorità)
Antropologia economica (economia delle società tradizionali, antropologia dell’impresa)
Antropologia culturale e Antropologia dei simboli
Aspetti simbolici (arte e creatività, simboli gestuali, aspetti visuali, magia e credenze, filosofia e religione)
Usanze e rituali (giochi della crescita e sociali, parole e comunicazione, riti, costumi)
Corpo (antropologia medica, tecniche corporali)
Antropologia criminale teorizzata dal medico criminologo Cesare Lombroso
Cognizione e mente (educazione, percezione, categorizzazione, teorie della mente)
Modelli e classificazioni sociali (cultura, etnia, identità, ruoli, scambi culturali, reti sociali, gerarchia, generi sessuali)
Antropologia delle religioni (in prospettive storica e comparata, nella definizione di religione e negli aspetti magici e soprannaturali)

Sono inoltre strettamente collegate le discipline dell’etno-linguistica, che si occupa delle variazioni linguistiche delle diverse società umane, e l’archeologia e la paletnologia, che indagano le società del passato attraverso i resti materiali che esse hanno lasciato (“cultura materiale”).

Considerazioni generali sull’antropologia
Data l’enorme varietà di fenomeni che ricadono nel campo di interesse di questa disciplina e in seguito a evoluzioni storiche delle configurazioni e delle politiche accademiche, e non, relative ad essa, proliferano le direzioni di ricerca ed esiste, di conseguenza, una grande varietà di sottodiscipline istituzionalizzate in corsi e specializzazioni nelle università di tutto il mondo (per citarne solo alcune: antropologia visuale; antropologia dello stato; antropologia economica; antropologia amazzonica; antropologia dello sviluppo; antropologia delle organizzazioni, ecc.). La grande quantità di sottodiscipline e campi di interesse che caratterizza attualmente l’antropologia culturale e sociale deve la sua esistenza principalmente alla crisi di due pilastri delle costruzioni teoriche di entrambe: gli stessi concetti di cultura e società. D’altra parte va pur tenuto presente che una qualsiasi società si esprime all’interno di una cultura e una cultura crea il proprio esoscheletro nella società.

Fondamenti filosofici
Le tradizioni di pensiero moderno che possono essere definite come costituenti una antropologia filosofica, hanno i principali esponenti in Immanuel Kant, Johann Gottfried Herder, Ralph Waldo Emerson, Friedrich Nietzsche, Max Scheler, Arnold Gehlen e Helmuth Plessner.

Note
1.^ Universo, De Agostini, Novara, Vol. I.

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Written by Vicky Ledia

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