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Muore a scuola per fermare kamikaze

Quanto siamo duri a condannare le giovani generazioni come degradate, ammantandoci di una superiorità che dicevano i latini “dulce et decorum est pro patria mori”, ossia “dolce e onorevole morire per la patria”.
Tuttavia, si può parlare, secondo la definizione di Fred Ulmann ne “L’amico ritrovato”, di “dulce et decorum est pro amico mori”, nel caso di Aitazaz Hassan Bangash, uno studente pachistano di quattordici canni morto per impedire la strage di un “terrorista-suicida”, probabilmente islamico, nella scuola superiore statale di Ibrahimazi, villaggio sciita nel distretto di Hangu, nella provincia nord occidentale di Khyber-Pakhtunkwa.
Infatti, quando Aitazaz si è accorto della presenza di un detonatore sotto il giubbotto di un ragazzo di circa vent’anni, venuto a scuola con la scusa di chiedere informazioni sull’ammissione, non ha esitato a cercare di fermarlo tenendolo per le braccia.
Ma l’attentatore è riuscito ad azionare il detonatore, facendosi saltare in aria e coinvolgendo nel suo atto anche il giovane liceale che, tuttavia, col suo eroico e generoso gesto, ha evitato una strage di suoi compagni.
Questo giovane e coraggioso eroe è stato celebrato in Pakistan con omaggi su facebook, articoli sulla stampa, tweet e vi sono diversi appelli affinché gli sia conferita la medaglia al valore.
Questo atto così coraggioso invita gli adulti a riflettere: troppo spesso i giovani sono considerati dagli adulti ricettacolo di ogni perversione e libertinaggio (inteso come abuso della libertà, anche senza il rispetto dell’altro) e questo porta miopemente gli adulti a non vedere quanto di buono ci possa essere in queste personalità, in sostanza ad accumunare le perle ai pezzi di vetro.

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Written by Zahira

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