in ,

Luce X dai buchi neri

Le diverse regioni di un buco nero presenti nella simulazione.
Una nuova scoperta conferma i sospetti degli astronomi su come i buchi neri di massa stellare producano la loro radiazione a più alta energia. I raggi X soft prodotti dal riscaldamento dei gas nel disco di accrescimento vengono “amplificati” da un corona che ruota a velocità prossime a quella della luce.
Che cosa produce i raggi X ad altissima energia che vediamo provenire dai buchi neri più piccoli, quelli di massa stellare? In un nuovo studio, gli astrofisici della Johns Hopkins University, della NASA e del  Rochester Institute of Technology (RIT) sono riusciti a colmare il divario tra teoria e osservazione, dimostrando che il movimento a  spirale dei gas attorno a un buco nero si traduce inevitabilmente in emissioni di raggi X.  Questo conferma i sospetti che i ricercatori avevano sempre avuto. “Simuliamo accuratamente l’oggetto reale, e calcoliamo la luce che un astronomo vede effettivamente” spiega Scott Noblem, ricercatore del RIT. “Questo è un calcolo unico nel suo genere, dal quale stiamo estrapolando tutti i pezzi. Cominciamo dalle equazioni che crediamo il sistema debba seguire, e le risolviamo su un supercomputer. Questo ci fornisce i dati con i quali possiamo effettuare le previsioni dello spettro a raggi X”.
Analizzando la simulazione di gas che fluttuano dentro un buco nero, il team ritiene che essi  possano spiegare la gamma di emissioni a raggi X a lungo osservate nei buchi neri attivi.
I gas che precipitano verso un buco nero inizialmente gli orbitano attorno, e poi si accumulano su un disco appiattito. Il gas che si accumula su questo disco gradualmente compie una spirale verso l’interno, si comprime e si surriscalda appena si avvicina al centro. Il disco si riscalda fino a circa 10 milioni di gradi Celsius. La temperatura nel corpo principale del disco è circa 2.000 volte superiore a quella della superficie del Sole, e causa un’emissione di raggi X a bassa energia, o  ”soft”. E fin qua tutto chiaro. Tuttavia, le osservazioni hanno anche di rilevato i raggi X “duri” con livelli di energia fino a 100 volte più elevati, che presuppone la presenza di gas ancora più caldi.
Julian Krolik, professore di fisica ed astronomia in the Zanvyl Krieger School of Arts and Sciences, ed i suoi colleghi scienziati hanno usato una combinazione di simulazioni al supercomputer e più tradizionali calcoli scritti a mano per spiegare quella emissione di raggi X duri. Supportata da 40 anni di progresso teorico, la squadra ha dimostrato per la prima volta che la emissione di luce ad alta energia non solo è possibile, ma è un risultato inevitabile del precipitare dei gas in un buco nero.
Lavorando con Noble e Krolik, Schnittman ha sviluppato un modello della regione interna del disco di accrescimento del buco nero, rintracciando le emissioni e i movimenti dei raggi X e comparando i risultati alle osservazioni di veri buchi neri.
Noble ha sviluppato una simulazione al computer che risolveva tutte le equazioni che governavano il movimento complesso dei gas affluenti e il suo campo magnetico associato vicino ad un disco di accrescimento di un buco nero. Le elevate temperature, la densità e la velocità dei gas amplificano sensibilmente i campi magnetici, e il disco esercita un’influenza ulteriore sul gas. Il risultato è una “spuma” che orbita intorno al buco nero a velocità che si avvicinano a quella della luce.
Da tempo si pensa che  i raggi X duri abbiano origine in una bollente e sottile corona al di sopra del disco, simile a quella che circonda il Sole. Usando i dati ricavati dalla simulazione di Noble, i ricercatori hanno descritto come i raggi X vengono emessi, assorbiti e sparpagliati sul disco di accrescimento e sulla regione della corona. Nel complesso, hanno dimostrato una connessione diretta tra la turbolenza magnetica nel disco, la formazione di una corona con temperature di miliardi di gradi e la produzione di raggi X duri intorno a un buco nero attivo. Gli elettroni e le altre particelle della corona si muovono a velocità prossime a quelle della luce. Quando un raggio X a bassa energia proveniente dal disco attraversa questa regione, può entrare in collisione con una di queste particelle  ad alta velocità, aumentando l’energia dell’emissione X. La simulazione riguardava un buco nero non in rotazione: il prossimo passo sarà estenderla al caso di un buco nero che ruota rapidamente su se stesso, creando condizioni ancora più estreme. Source: inaf

Mentor

Written by Fox Mulder

Membro orgoglioso di Dracia.com

Years Of MembershipVerified MemberContent AuthorViral InstinctStaff Website

Lascia un commento

Il tempo nei buchi neri

Hawking ci ripensa: “I buchi neri non esistono”.