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Grafologia

La grafologia è una tecnica che presume di dedurre alcune caratteristiche psicologiche di un individuo attraverso l’analisi della sua grafia. La validità e l’attendibilità di questa tecnica non sono mai state validate scientificamente, la sua attendibilità risulta quindi pressoché nulla[1][2][3]; per questo motivo tali perizie non sono ammesse in ambito forense, al contrario delle perizie calligrafiche[3][4] che invece servono per validare soltanto la paternità della grafia.

Caratteristiche
La metodologia d’indagine parte dal presupposto che la scrittura, superate le fasi dell’apprendimento, diventa un processo automatico, risultato delle risposte motorie ai neuroni. Il gesto grafico, quindi, viene interpretato come “gesto espressivo”.
Tali risposte comportamentali non possono essere che uniche, come esclusive sono le esperienze emozionali degli individui. Da queste premesse deriverebbe la possibilità di interpretazione della scrittura per la descrizione della personalità umana, un’indagine che nella visione della scuola grafologica morettiana comprende anche l’aspetto somatico, sia dal punto di vista morfologico sia da quello espressivo. L’utilizzo della “grafologia somatica”, tuttavia, è piuttosto marginale nelle ricerche e nella pratica attuale.

Storia della grafologia
Esistono moltissimi approcci allo studio della psicologia della scrittura. Si potrebbe quasi affermare che, almeno fino a pochi decenni fa, ogni studioso di grafologia che ha scritto il proprio manuale sia diventato automaticamente caposcuola di un nuovo approccio metodologico. Ciò è dovuto in massima parte al fatto che la professione di grafologo non è regolamentata da un albo professionale. Inoltre, pur vantando una storia ormai bicentenaria, la grafologia si è di fatto sviluppata in modo parallelo e spesso antitetico rispetto alle discipline psicologiche, per cui eccettuati alcuni tentativi non si è instaurato il meccanismo di controllo e di validazione che caratterizza le discipline scientifiche. Tale meccanismo prevede la condivisione di un linguaggio comune e l’enunciazione di leggi falsificabili, ovvero che contengano in sé gli strumenti di replicazione, in modo che la comunità scientifica (attraverso la pubblicazione delle ricerche su riviste accreditate) possa convalidare o smentire i risultati raggiunti.
Pur esistendo moltissime scuole grafologiche, di fatto oggi i vari approcci confluiscono in tre principali indirizzi:
l’indirizzo francese, di Jules Crépieux-Jamin, il cui metodo fu successivamente sviluppato da Jean-Charles Gille-Maisani;
l’indirizzo italiano, di Girolamo Moretti e di Marco Marchesan;
l’indirizzo tedesco di Ludwig Klages, attualmente integrato con le intuizioni di W.H. Muller e A. Enskat.

In questi tre indirizzi confluiscono le teorie e le ricerche di alcuni tra i maggiori protagonisti della disciplina grafologica: va ricordato innanzitutto lo svizzero Max Pulver che ha introdotto l’interpretazione simbolica vettoriale della scrittura; poi la psicologa Ania Teillard, allieva di Jung, che ha introdotto l’interpretazione analitica in grafologia; i neuroscienziati tedeschi Rudolf Pophal, William Thierry Preyer e i russi Aleksandr Romanovič Lurija e Nikolai Alexandrovic Bernstein i cui studi sul movimento e sulla neurofisiologia della motricità grafica hanno gettato le basi per una maggiore comprensione del comportamento grafico; lo scienziato Robert Saudek che ha approfondito sperimentalmente la categoria della velocità e dell’accuratezza.
Girolamo Moretti, il fondatore della scuola grafologica italiana, la definiva scienza sperimentale, perché ne fissò principi e regole attraverso esperimenti e pratica clinica.
La scuola francese è molto anteriore a quella italiana. Il suo fondatore fu l’abate Jean Hippolyte Michon che nel 1872 pubblica “I misteri della Scrittura”. Allievo di Michon fu Jules Crépieux-Jamin (1859-1940) il cui testo “ABC della grafologia” riprende il lavoro del maestro rioragnizzandolo però in una visione più organica e sistemica.
Le due scuole, ovvero quella francese e quella italiana, differiscono profondamente, soprattutto perché la scuola italiana ha come caposaldo l’univocità della corrispondenza segno-carattere, mentre nell’ambito della scuola francese si ha un approccio prettamente gestaltista (il segno non ha motivo d’essere in quanto unico, ma si rifà al tutto (teoria del campo).
Cesare Lombroso (v. fisiognomica) scrisse un libro sulla grafologia nel 1895 intitolato “Grafologia”.

Non a caso, la grafologia, nasce come branca della fisiognomica; a Camillo Baldi spettò l’onore di essere ricordato come il primo “grafologo” grazie al saggio Trattato come da una lettera missiva si conoscano la natura e la qualità dello scrittore pubblicato nel 1622. Ma dovettero passare molti anni prima che illustri scienziati come Johann Kaspar Lavater nel suo Physiognomische Fragmente 1775 si accorgessero della analogia fra linguaggio, scrittura e modo di camminare. La grafologia però è stata per secoli legata, in qualche modo, alla chiromanzia e alla astrologia e infatti ancora Les Mystères de l’écriture dell’abate Michon fu pubblicato con una lunga introduzione iniziale di un chiromante, Desbarrolles. La grafologia, facendo parte della semiotica, comunque, potrebbe essere stata influenzata dalla scuola stoica, visto che quest’ultima distinse fra segni e significati; inoltre un altro aggancio probante potrebbe essere quello con il misticismo ebraico che comprese il legame fra le lettere e la spiritualità e l’irrazionalità.

Principi della grafologia
Il primo principio è l’analogia fra il carattere e la scrittura; in fondo quando andiamo a comperare un vestito ne scegliamo uno adatto, e perciò in qualche modo simile a noi, quindi a maggior ragione la scrittura, manifestazione intima dell’uomo, non può che essere in relazione con le emozioni e le porta a galla inevitabilmente.
Il grafologo deve essere a conoscenza dello stato d’animo e le aspettative del soggetto nel momento in cui scrive; cerca di interpretare lo stato d’animo dello scrivente in base al tipo di movimento che sta alla base dell’atto grafico. Studia il tratto: la leggerezza o la pesantezza, la direzione curva o diritta, la nettezza dei bordi e così via.
Il grafologo deve capire lo stato di spontaneità o meno dello scrivente; spesso infatti l’autore tende a mascherarsi imitando un modello o cercando di fornire una certa immagine di sé.
Un altro principio fondamentale è il simbolismo, dato che i soggetti appartenenti ad una certa cultura condividono alcuni simboli fondamentali e la scrittura stessa proietta simboli collettivi o individuali. Il colore del foglio, del tratto possono essere un simbolo di uno stato d’animo ben preciso.

Psicofisiologia del gesto grafico
Metodi di indagine
Il metodo di indagine della Scuola francese
La scuola francese divide la scrittura in sette generi: la pressione, la forma, la dimensione, la continuità, la direzione, la velocità, l’impostazione.
La forma e la dimensione consentono spesso di distinguere lo scritto maschile da quello femminile, così come il livello socio-culturale. Il grafologo dà inizialmente una valutazione generale dello scritto per stabilire se è regolare o irregolare, poi valuta le proporzioni della scrittura, delle parole, delle lettere, la personalizzazione delle forma, la vitalità del movimento, la pienezza delle forme e del tratto.
La pressione

Grazie alla pressione, o tratto, il grafologo capisce se la vita affettiva, psichica del soggetto è arida o ricca, sana o difficile. Osserva soprattutto la qualità, la leggerezza, la nettezza dei bordi e la tensione.
La dimensione

Il grafologo nota la grandezza poiché può essere proporzionata alle aspettative del soggetto, inoltre verifica la dimensione perché è relazionata anche all’autostima, infine controlla l’ineguaglianza della dimensione perché indica instabilità dei sentimenti.
La forma

Il grafologo indagherà sulla spontaneità della scrittura: lo scrivente può voler affermare i propri valori individuali o può allinearsi a stereotipi generalmente diffusi per uniformarsi a valori convenzionali. L’esperto deve considerare il rapporto fra l’avere e l’essere, l’apparire e il sentire.
La continuità

Il grafologo valuta le interruzioni nel flusso di scrittura, che possono attestare una maggiore o minore socievolezza, indipendenza, razionalità, intuitività.
La direzione

L’esperto analizza dove punti la scrittura: se in alto può significare uno stato di entusiasmo, se in basso ne può indicare uno di prostrazione; la scrittura sinistrogira manifesta egoismo, mentre quella destrogira significa partecipazione generosa.
La velocità

Non è facile stabilire la velocità della scrittura anche se un tracciato stretto, una pressione esagerata, una punteggiatura esatta la rallentano.
L’impostazione

L’esperto verifica la disposizione della scrittura nel foglio: se la scrittura è chiara e leggibile dimostra una certa sicurezza dello scrivente, altrimenti può significare una sorta di anarchia o di pigrizia.
Il movimento

Lo specialista vaglia se la personalità è pronta a prendere iniziative personali oppure no, se è dinamica o abitudinaria.
La firma

Il grafologo controlla se la firma mostra segni di diversità dal resto della scrittura, nel caso affermativo emerge una conflittualità; è importante la posizione della firma, se in alto, al centro, a sinistra e così via; significativa è anche la distanza dal testo.

Il metodo d’indagine della Scuola italiana
La scuola italiana si approccia all’analisi attraverso tre momenti:
Giudizio globale

La grafia viene inizialmente valutata nel suo insieme, per coglierne con un colpo d’occhio la struttura. Ci si riferisce qui a categorie generali come l’ordine/disordine, leggibilità/illegibilità, omogenerità/disomogeneità…
Analisi

L’analisi consiste nella rilevazione dei segni secondo la semiotica grafologica. Una volta rilevati, avviene la quantificazione: il grado di intensità o di presenza percentuale del segno viene misurato in centesimi (scuola marchesaniana) o in decimi (scuola morettiana). Va comunque precisato che questa misurazione non deve essere matematica ma una distinzione tra media, sopra media e sotto media. Nella scuola morettiana i segni vengono poi classificati come sostanziali, modificanti o accidentali (in riferimento alla loro importanza rispetto alla struttura della personalità) e come fautori, contrari, indifferenti (rispetto alla dinamica intrapsichica).
Sintesi

Una volta individuati i segni più caratterizzanti (segni sostanziali con il grado maggiore) e compresa la loro dinamica (fautori/contrari), si effettua la combinazione, ovvero l’aggregazione in sindromi dei diversi segni secondo il loro significato psicologico. In termini più testistici, la combinazione rappresenta la convergenza degli indici. Effettuate le combinazioni nelle diverse aree psicologiche (capacità cognitive, funzioni esecutive, gestione degli impulsi, delle emozioni…), si effettua il profilo.

Differenza tra analisi grafologica e perizia grafica
La grafologia differisce dalla perizia calligrafica in quanto la grafologia si occupa della personalità del soggetto, mentre la perizia calligrafica è una comparazione scientifica di segni grafici allo scopo di stabilirne giudizialmente la autenticità e la riconducibilità all’autore.[5]. Le perizie calligrafiche si conducono utilizzando strumenti di precisione come il microscopio stereoscopico digitale, per poter studiare la pressione della scrittura. La pressione della scrittura è un indice per individuarne l’autore in quanto una persona scrivendo in velocità non riuscirà mai a emulare la pressione grafica di un’altra. Altri strumenti indispensabili sono la lampada di Wood, per evidenziare potenziali cancellature o scolorinature, e la fotografia all’infrarosso, per identificare scritture sovrapposte di diverso colore (come nei quadri). Esistono oggi ulteriori mezzi sofisticati per lo studio dei falsi in scrittura: metodi computerizzati e addirittura strumenti a base nucleare [senza fonte].

Controversia sull’attendibilità
Stando a numerose pubblicazioni, la grafologia non sarebbe in grado di determinare in maniera affidabile le caratteristiche personologiche del soggetto.[6] A più riprese i tentativi di validazione della tecnica grafologica hanno dato risultati scarsi o nulli[7], motivo per il quale a tutt’oggi la grafologia non viene annoverata tra le tecniche psicodiagnostiche e ne viene sconsigliato l’utilizzo nell’ambito della selezione del personale.[8][9][10].

Note
1.^ Barry Beyerstein Q&A su Ask the Scientists, Scientific American Frontiers.
2.^ Barry James, Graphology Is Serious Business in France : You Are What You Write? in New York Times.
3.^ a b Grafologia: scienza o pseudoscienza?
4.^ Sullo skepdic dictionary
5.^ Perizia calligrafica giudiziale su sito di criminologia.
6.^ Fluckwinger A, Tripp, Clarence A & Weinberg, George H (1961). “A Review of Experimental Research in Graphology: 1933 – 1960”. Perceptual And Motor Skills (12): 67–90. Nevo, B Scientific Aspects Of Graphology: A Handbook Springfield, IL: Thomas: 1986.
7.^ Carla Dazzi, Pedrabissi Luigi, La grafologia è una scienza? in Psicologia contemporanea, nº 197.
8.^ Lockowandte, Oskar (1976). “Lockowandte, Oskar Present status of the investigation of handwriting psychology as a diagnostic method”. Catalog of Selected Documents in Psychology (6): 4–5. Urbani Paola, Processo alla grafologia: magia, arte o scienza?, Dedalo, 2004. Russel H. Driver, M. Ronald Buckley and Dwight D. Frink, Should We Write Off Graphology? in International Journal of Selection and Assessment.
9.^ Adrian Furnham, Barrie Gunter, Graphology and Personality: Another Failure to Validate Graphological Analysis. in Personality and Individual Differences.
10.^ Grafologia.

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Written by Vicky Ledia

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